martedì 23 dicembre 2008

AUGURI DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO


Ho sempre pensato al Natale come ad un bel momento. Un momento gentile, caritatevole, piacevole e dedicato al perdono. L'unico momento che conosco, nel lungo anno, in cui gli uomini e le donne sembrano aprire consensualmente e liberamente i loro cuori, solitamente chiusi.
C. Dickens

Così, come scrive Dickens, dopo un lungo anno siamo arrivati a Natale, caro e vecchio Natale…
È ormai il secondo Natale in compagnia della Barbatella che grazie a tutti voi è cresciuta molto, tanto da essere considerata una realtà della zona ed un punto di riferimento per la promozione della cultura sul nostro territorio. Non potete neanche immaginare che emozione ricevere i complimenti di tutte le persone che ci seguono o di chi anche solo ha sentito parlare del nostro progetto, che orgoglio essere contattati da artisti, giornalisti e amministrazioni comunali che ci chiedono di collaborare: questo è il premio del durissimo lavoro svolto, dalla passione di tutti i ragazzi che lavorano sempre per fornire un servizio che prima di tutto sia di QUALITÀ.
Tirando un po’ di somme di fine anno possiamo solo sorridere…ci eravamo lasciati lo scorso Natale con un piccolo concerto all’attivo e tanta voglia di fare…ci ritroviamo oggi dopo appuntamenti come il Requiem di Mozart e la visita del dott. Marcello Veneziani, dopo aver regalato a Casteggio momenti importanti che non facilmente si ripeteranno, ma soprattutto abbiamo riempito le sale e le chiese di gente interessata e coinvolta che è il traguardo più ambizioso che ci eravamo preposti.
Con l’associazione compie un anno anche il nostro Blog, anche lui stravisitato e che a oggi conta quasi 2000 visite: se pensiamo che la Barbatella è un’associazione di interesse prettamente locale possiamo considerarlo un risultato enorme.
Il 2009 è alle porte e anche la nostra associazione si prende un po’ di pausa, così da tirare il fiato e riorganizzarci per i prossimi eventi…le idee sono tante, la passione tantissima…non possiamo che fare bene!!!!
Nell’augurarvi un Buon Natale e un gioioso 2009 Vi ringrazio di cuore per la vostra partecipazione sempre così calorosa…perché se anche la Barbatella, come il Natale, solo una volta “ha aperto i vostri cuori…solitamente chiusi” abbiamo raggiunto il nostro obiettivo.

BUONE FESTE

Lorenzo Vigo

domenica 30 novembre 2008

GRAN SUCCESSO DI VENEZIANI A CASTEGGIO


Grande successo domenica scorsa per la presentazione del libro "Rovesciare il '68" di Marcello Veneziani, la sala della Certosa Cantù tutta piena per poter ascoltare l'autore spiegare il suo punto di vista sul 68. A dialogare con lui è stato il dottor Fabrizio Guerrini, giornalista della Provincia pavese, che ha avuto il merito di toccare tutti i temi più importanti trattati nel libro: si partiva da una citazione per poi allargare il discorso ad ambiti affini.

Innanzitutto Marcello Veneziani tiene a precisare che il suo è un libro "omeopatico": ha voluto scrivere cioè "un libro che curasse il '68 scendendo sul terreno del '68", evitando la formula del saggio, con lunghe frasi contenenti tesi poco
chiare, e preferendo la forma del flash, di frasi brevi ed efficaci, che potessero arrivare subito al dunque. Nel corso dell'incontro, l'autore sottolinea e spiega le tesi forti della sua opera, che trapelano nettamente dai flash che la compongono. Egli ritiene che il 68 sia stato uno "spartiacque culturale e civile, italiano e forse non solo italiano", così come hanno sostenuto papa Ratzinger e Monsieur Sarkozy, i quali hanno espresso la volontà di mettersi alle spalle questo periodo. Perchè intorno al 68 si è creata una "retorica di celebrazione", sebbene esso sia stato "un anno povero di eventi", "un anno piccolo" che non ha "innescato una rivoluzione politica o economica" in quanto nessun Paese ha mutato il suo assetto di governo, né è stato rovesciato il sistema capitalistico criticato dai sessantottini. E allora perché ne parliamo?, si chiede lo stesso Veneziani; ne parliamo perché è stata una "grande rivoluzione civile, una grande rivoluzione di costume": infatti, "quando parliamo del '68 (...) intendiamo sintetizzare un cambiamento d'epoca, un clima che muta radicalmente". Ne parliamo anche perchè, in fondo, il 68, nei Paesi occidentali, "fu una rivolta parricida: il simbolo da abbattere era il padre", intendendo definire con la parola "padre" il padre reale, il Padreterno, la tradizione, il docente ovvero tutto ciò che incarnava la responsabilità e l'autorità; "una rivolta contro il padre, che aveva da una parte uno spirito anarco-libertario e dall'altra una tensione massimalista, estremista". Lo spirito anarco-libertario caratterizzò il 68 fin dall'inizio, con le contestazioni americane contro la guerra in Vietnam, per un'università libera, contro il puritanesimo, mentre la tensione massimalista influì, invece, sulla violenza che sfociò negli anni di piombo. Ciò che sottolinea inoltre Veneziani è il fatto che "i sessantottini hanno rotto i ponti non solo col passato ma anche con l'avvenire"; si tratta, infatti, della prima generazione a crescita zero: la generazione, nata dal boom demografico, che "produce lo sboom demografico, cioè la denatalità dei nostri anni". Questo perchè "i sessantottini sono egocentrici, vivono nella dimensione dell'adolescenza permanente (...), non vogliono sentirsi responsabili del futuro" e quindi "mettere al mondo figli è un ingombro, una perdita del loro io, del loro egocentrismo, del loro egoismo". L'attenzione si sposta poi sul '68 dell'Est, totalmente diverso dal nostro: come si legge in un passo del libro, mentre loro "affrontavano i carri", "noi affrontavamo la carriera" piazzando in posti sempre più prestigiosi persone che avevano sfasciato la famiglia, l'università, ecc. e che, proprio per aver fatto il 68, ereditavano il diritto a vedersi assegnato un posto nella società. Per esempio, nella scuola: il giudizio di Veneziani al proposito è severo, in quanto "la scuola, con i docenti, non ha governato il cambiamento", "dopo il 68 è stata privata dei suoi criteri elementari: il senso di responsabilità, l'intreccio tra diritti e doveri, la meritocrazia, la valorizzazione delle qualità", togliendo così ai meno abbienti la possibilità di guadagnarsi un posto nella piramide sociale. Veneziani afferma con forza: "quando tu togli la meritocrazia, togli l'unico criterio alternativo alla ricchezza, quello fondato sulle capacità personali", permettendo così solo a "chi ha un contesto favorevole" di avanzare e raggiungere degli obiettivi. L'ultimo punto trattato dall'autore è il "conformismo della trasgressione che diventa un obbligo rituale" tanto che oggi è "più trasgressivo dirsi sensibile alla tradizione". A tal proposito Veneziani ricorda come il linguaggio è cambiato dopo il '68. I sessantottini criticano il linguaggio borghese, ipocrita, il "manierismo delle buone maniere": si arriva così da una parte alla trivialità, al linguaggio volgare e sboccato, alla parolaccia e alla bestemmia, dall'altra il linguaggio adeguato al politically correct, "che impone di non dire mai le cose come sono" per cui il cieco è il non vedente, il bocciato è il non promosso, ecc.

Insomma, il giudizio di Veneziani sul '68 è assolutamente caustico, teso però a cercare di superare al più presto la moda di parlarne, anche a quarant'anni di distanza, perchè in fondo non vi sono motivi per ricordare il 68 come un anno diverso dagli altri.

Ecco due video con i frammenti più significativi della presentazione del dottor Veneziani.
Ricordiamo che, per meglio ascoltare il video, è necessario fermare la riproduzione della musica di sottofondo; per farlo, basta scorrere la pagina fino in fondo, dove è collocata la banda di riproduzione, su cui cliccare il pulsante di pausa. In alternativa, cliccate sui seguenti link: 1° FRAMMENTO ; 2° FRAMMENTO.

1° FRAMMENTO



2° FRAMMENTO



domenica 9 novembre 2008

ROVESCIARE IL '68 - MARCELLO VENEZIANI


Con estremo piacere,
l'Associazione Culturale La Barbatella e Lions Club Casteggio-Oltrepò presentano l'incontro con Marcello Veneziani, che, in compagnia di Fabrizio Guerrini, presenterà la sua ultima fatica letteraria.




Rovesciare il '68.
Pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa

Marcello Veneziani


Mondadori

€ 17,00

Il 68 è al potere e vigila su di noi. L'onda lunga e corrosiva del 68, l'ultima febbre che attraversò le giovani generazioni in Occidente, pervade ancora la nostra epoca.
I rivoluzionari di allora e i loro continuatori sono divenuti la nuova classe dominante nel mondo della cultura e della politica, dei media e dell'istruzione, del sindacato e della magistratura, e primeggiano nel regno del divertimento e della pubblicità. Fallito come rivoluzione politica, il 68 si è mutato in ideologia radical, conformismo di massa e canone di vita. Ha distrutto i valori della tradizione, dell'educazione, della religione, mandando in frantumi scuola e famiglia e lasciandoci in eredità un'ideologia libertina e permissiva sul piano dei valori e dei doveri, dei costumi e dei linguaggi, ma intollerante e repressiva verso chi non si riconosce in quel movimento libertario, nei suoi codici e modelli.
Dopo quarant'anni è ormai tempo di bilanci, revisioni critiche e necessarie inversioni di rotta. Marcello Veneziani ripercorre la multiforme eredità della parabola contestataria e critica le ideologie discendenti con un caleidoscopico e caustico bazar di appunti e frammenti, di foto di gruppo e di istantanee di pensiero. Un viaggio attraverso quattro stagioni: l'autunno del 68, "virus di un'epoca riassunto nella superstizione di una cifra"; l'inverno del nostro scontento, tra le ingombranti rovine lasciate dal ciclone sessantottino, soprattutto nell'ambito dell'educazione e della scuola; la primavera della famiglia distrutta dall'ideologia contestataria; infine l'estate della tradizione, intesa come vera trasgressione futura, capace di ricomporre i frammenti di una narrazione interrotta, di un tessuto civile lacerato, di simboli culturali mozzati.
Un testo negazionista del 68, irriverente verso i nuovi divieti e i nuovi obblighi di leva, che non ha paura di essere troppo rivoluzionario né troppo conservatore.

Insomma, Veneziani getta uno sguardo quarant'anni dopo su quel fenomeno che è diventato il '68, traendone un bilancio, dal momento che quel periodo ha partorito figli e anche nipoti. È salito al potere e diventato conformismo di massa, anzi, sostiene Marcello Veneziani, canone di vita.
Ha creato luoghi comuni e nuovi pregiudizi, codici ideologici, il cui rispetto implacabile è il presupposto unico per poter vivere il proprio tempo: emblema di questa tendenza è il politically correct.
Nel 2008 - ricorda curiosamente l'autore - i sessantottini sono diventati sessantottenni ed è ora di fare i conti con la loro opera e la loro eredità.
Per compiere questo viaggio in un'epoca così particolare e così importante per le ripercussioni sul presente, Veneziani si affida ad un veloce insieme di schizzi e frammenti, di flash e immagini, di foto di gruppo e istantanee di pensiero. Uno zapping animato da un triplice progetto: descrivere in breve il '68; ricordare cosa resta e quali sono le sue rovine oggi spesso ingombranti; capovolgere il '68 attraverso l'uso creativo e trasgressivo della tradizione, quella tradizione che per tanto tempo è stata denigrata e che andava superata.

Solo per darvi un'anteprima, abbiamo scelto alcuni passi, che ci sono parsi interessanti e significativi per ciò che racchiudono: giusto per un assaggio prima della lettura, caldamente consigliata!

La rivoluzione sognata dal 68 non ha rovesciato gli assetti di potere, i rapporti di classe, ma i valori e i costumi.

Il 68 infiammò un'epoca e poi lasciò una nuvola di fumo. Fumo ideologico per una generazione rapita da fumose utopie. Fumo di molotov, micce e P38 per una generazione che scelse la violenza e il partito armato. Fumo di canne e allucinogeni per una generazione che fuggì dalla realtà attraverso la droga. Le tre gioventù fumanti che uscirono dal 68 inseguivano un miraggio comune: il paradiso artificiale a portata di mano.

(...) gli effetti sociali e culturali furono vasti e devastanti: la scuola e l'università, la chiesa e le istituzioni, la famiglia e la borghesia uscirono peggio di come vi erano entrate. Non solo più affaticate e demotivate, ma anche umanamente, culturalmente, eticamente sfiancate, inacidite, peggiorate.

L'egocentrismo generazionale e soggettivo fu l'effetto più profondo del 68.

Il professor Platone, nell'VIII libro della Repubblica dimostra che il 68 non fu nemmeno una novità, ma un vetusto rigurgito anarchico che periodicamente risale dalle viscere della storia.

La società estetica, fondata sul principio del piacere, fu il sogno che percorse il 68, somministrato da Marcuse.

La liberazione sessuale ha coinciso con l'uso commerciale e consumistico e della donna.

Il professore che un tempo godeva di prestigio e autorevolezza è ridotto al rango di colf o animatore. E' sceso nella scala sociale, e costituisce un antimodello, ciò che i ragazzi non vogliono diventare... Altrimenti finisci come lui, a insegnare...

La trasgressione è intesa come la normalità.

La maggior parte degli antifascisti che fecero la Resistenza non volevano la libertà ma un'altra dittatura, comunista o giacobina. Sognavano un totalitarismo più compiuto rispetto a quello fascista, che abolisse proprietà, disuguaglianze, mercato e religione.

(...) Interiorizzazione del pubblico, esternazione dell'intimo. Ciò che è privato si confessa in pubblico, esige pubblico. Con la scusa dei diritti civili, la città entra in casa. Qui ha vinto davvero il 68: il personale è politico.

Lo sfascio famigliare ha prodotto una nuova figura tragica, grottesca e vagabonda: lo sfamiglio, che non è semplicemente un single, ma il profugo e il superstite dall'esplosione che ha colpito al cuore la cellula basilare della società, la famiglia.

La famiglia è il primo stadio di quel passaggio dalla natura alla civiltà; non cancella quel che è in natura, ma gli dà un senso, una norma, un riconoscimento, un'eredità e una prospettiva. (...)

(...) La tradizione trasmette non rimpiange. Esprime continuità, non cordoglio.

Le caste in Italia sono tre e non una soltanto: a quella politica, si aggiunge quella tecno-economica e quella intellettuale, allevata dall'italomarxismo e consacrata dal 68. Un sistema di caste a circuito chiuso, a cui si accede per cooptazione, affiliazione e accettazione del canone.

Né single né sposati, in medio stat virtus. In anulare stat virus.

I veri tradizionalisti amano gli alberi, a cominciare dall'albero genealogico.

Troppe morti per velocità, abusi, sesso, droga, alcol. La vita piace da morire.

La tv ha due facce: fa compagnia a chi è solo, isola chi è in compagnia.

(...) Nobile, contrazione aristocratica di non abile.

Gli ambientalisti crescono con l'inquinamento. Una città sana ha i polmoni verdi intorno e la materia grigia in testa. Qui si è invertito l'ordine cromatico.

La scuola si fonda sulla tradizione. Non c'è scuola se non c'è nulla da trasmettere, da tramandare. La scuola è connessione a una rete verticale di saperi ed esperienze tra generazioni. La sua chiave d'accesso è tra.

L'ipocrisia non è il contrario della verità, ma il suo galateo. L'ipocrisia non è come la menzogna: è il velo dorato sul vivere civile, funge da imene della verità, perchè la tutela, impedisce di violarla o abolirla. La verità attiene all'essenza della vita, l'ipocrisia riguarda le relazioni civili. La cultura discesa dal 68 pensò al contrario: dichiarò guerra all'ipocrisia ma dichiarò morta la verità. Squarciare il velo per non trovare nulla.

lunedì 3 novembre 2008

LA MOSTRA DI CORREGGIO A PARMA


Siete mai stati a Parma? Vi consiglio caldamente di visitarla: una cittadina veramente incantevole, che ti cattura fin dai primi passi che si compiono sulle sue strade.
L'occasione per cui abbiamo visitato Parma è stata la mostra di Correggio (anche questa è imperdibile, avete tempo fino al 25 gennaio 2009): è articolata in quattro sezioni rappresentate da Galleria Nazionale, Camera di S. Paolo, Chiesa di S. Giovanni Evangelista e Cattedrale. Sicuramente i due pezzi forti sono la visita alle cupole della Cattedrale, dove si può ammirare L'Assunzione della Vergine, e della Chiesa di S. Giovanni, con la celebrazione dell'Evangelista.
Nell'Assunzione della Vergine, sono raffigurati gli apostoli appoggiati ad una balaustra ottagonale, sopra la quale si trovano dei fanciulli che bruciano incenso per il funerale della Vergine. Al centro della cupola si assiste all'evento dell’Assunzione della Vergine, ormai giunta ai limiti del Paradiso, quasi spinta da una moltitudine di angeli, Santi e figure appartenenti al Vecchio Testamento. Al centro delle nubi celesti l’Arcangelo Gabriele, o Cristo, aspetta Maria per segnare il suo volo verso il cielo. Sotto al vano della cupola si trovano pennacchi affrescati con i quattro protettori di Parma: San Bernardo, Sant'Ilario, San Giuseppe, che da molti è indicato come San Tommaso, e San Giovanni Evangelista, mentre negli estremi inferiori dei sottarchi vi sono sei figure giovanili affrescate in chiaroscuro, che portano festoni semplici e sottili da appendere al tempio per festeggiare il grande avvenimento.

In S. Giovanni, invece, Correggio esegue l'affresco della cupola come sua prima opera nello stesso edificio. Lo schema iconografico pare alludere a un'Ascensione del Redentore, ma a ben guardar il moto di Cristo, reso evidente dallo svolazzo dei panneggi, è discendente e non ascensionale, mentre la figura di San Giovanni è quasi nascosta, stesa sul cornicione della cupola, al di sotto del cerchio degli apostoli. Nei pennacchi sono rappresentati i Padri della Chiesa accoppiati agli Evangelisti. Nei sottarchi Correggio dipinse figure monocrome di eroi biblici, mentre decorò a grottesche i semipilastri sottostanti.

Nella Galleria Nazionale sicuramente degno di nota è il "Compianto sul Cristo morto", sempre del Correggio, opera di somma perizia, in cui traspare tutta la sofferenza del momento raffigurato: il dolore del supplizio, lo svenimento, l'urlo, la disperazione.

Al termine della visita, un bel giro nel centro di Parma: da Piazza Duomo a Piazza Garibaldi, passando per Piazza della Steccata con la splendida chiesa di S. Maria della Steccata. Per non parlare delle quattro vie principali che si incontrano nella piazza Garibaldi: strada Cavour, strada Farini, Strada della Repubblica e Via Mazzini.
Un'amenità è rappresentata dal Palazzo Ducale, immerso nel Parco Ducale: una grande area verde, dove si può passeggiare o contemplare la natura del parco, potendo estraniarsi dalla realtà cittadina.

Accanto al profilo artistico, Parma vanta una tradizione enogastronomica: basti pensare al Parmigiano Reggiano, al Prosciutto di Parma, al Culatello di Zibello, ai tortelli alle erbe, alla torta fritta e via dicendo...Specialità da leccarsi i baffi!






Per info:



Aldo Bonaventura

sabato 25 ottobre 2008

GIOVANNI BIANCONI PRESENTA "ESEGUENDO LA SENTENZA"

Giovedì 16 ottobre, alle ore 21, presso l'Almo Collegio Borromeo di Pavia, ho avuto il piacere di assistere alla presentazione del libro di Giovanni Bianconi Eseguendo la sentenza. Roma, 1978. Dietro le quinte del sequestro Moro. Alla presentazione hanno partecipato, oltre all'autore, Mino Martinazzoli (allora Presidente della Commissione inquirente per i procedimenti d'accusa), Virginio Rognoni (allora vicepresidente della Camera dei Deputati; subito dopo il ritrovamento del corpo di Moro, subentra a Cossiga al Ministero degli Interni) e Corrado Belci (allora deputato e direttore de Il Popolo, il giornale della Dc).
Belci, il primo ad intervenire, elogia l'opera di Bianconi per aver "riconnotato come tragedia" quel triste evento, mentre nei primi anni seguenti l'uccisione del presidente della Dc vi era un eccessivo "sensazionalismo nella pubblicistica", una "sovrabbondanza di tossine della dietrologia", che aveva tirato in ballo la teoria del "Grande Vecchio". Egli ricorda come Cabras, segreteria Dc, sosteneva con forza che il sequestro si inscriveva nel periodo storico particolare che stava vivendo l'Italia intera: lo stesso Belci, ora più lucido, appoggia questa tesi, affermando che "non si può estrapolare il sequestro Moro dall'Italia di allora, con i morti che ci sono stati prima di Moro, nei 55 giorni del sequestro e dopo Moro, fino a Ruffilli, Biagi e D'Antona".
Apprezzamento per il libro giunge anche da Martinazzoli, il quale parla di una "ricostruzione corale", cioè una ricostruzione reale e veritiera di cosa accadeva in quei giorni, nella vita di tutte le persone normali, oltre che dei politici, degli intellettuali, ecc. Interessante l'interrogativo posto dall'ex segretario Dc: egli si chiede quanto e come ha contato il "modo di essere italiani" nell'affrontare la tragica vicenda, ricordando come molto spesso, per noi, "l'immaginazione va oltre la realtà". Viene inoltre ricordato come il modo di comportarsi di Moro racchiude tutto il suo modo di fare politica, un uomo grande anche nel momento difficile. Martinazzoli conclude dicendo che si può ricavare qualcosa dal sequestro Moro "non archiviando il caso" (come hanno sostenuto Fassino e Ingrao), ma tenendo aperta la questione.
Rognoni, infine, si limita a ricordare quei giorni, certamente tremendi e angoscianti, oltre che quelli ancora più difficili da Ministro degli Interni in un momento in cui non poteva sicuramente delicato; sottolinea, inoltre, come dal libro traspare l'atteggiamento di "immobilismo dello Stato", la linea "nè con lo Stato, nè con le Br", ossia la linea dura che la Dc aveva deciso di portare avanti, che Bianconi contesta non essere sempre stata tenuta.




ESEGUENDO LA SENTENZA.
Roma, 1978. Dietro le quinte del sequestro Moro

Giovanni Bianconi

Einaudi Stile libero

€ 17,00


sabato 6 settembre 2008

GREVI E COLOMBO: A PROPOSITO DI LEGALITA'

Presso il Cortile delle Statue dell'Università degli Studi di Pavia, nella terza serata del Festival dei Saperi, inserita nel ciclo di interventi "Lessico civile", ieri sera ho avuto il piacere di ascoltare la conversazione tra Vittorio Grevi, ordinario di Procedura Penale presso la medesima università, e Gherardo Colombo, ex magistrato e autore del volume "Sulle regole", presentato nel corso della serata.
Il senso di questo incontro, e più in generale del ciclo di incontri dal nome "Lessico civile", sta nel tenere sempre vivi i principi che presiedono alla convivenza dei cittadini. E parlare di legalità, come hanno fatto Grevi e Colombo, certo ha aiutato ad analizzare e a tenere a mente che senza regole e senza il rispetto delle stesse, non ci è possibile vivere.
La serata si è aperta, in un Cortile delle Statue affollato in qualsiasi angolo, con la presentazione di Gherardo Colombo e un approfondimento sul perché egli ha deciso di uscire dalla magistratura a metà febbraio del 2007, dopo oltre trentatré anni. Per spiegare i motivi di tale decisione, l'ex pm ha usato la metafora dell'idraulico, che, chiamato nell'abitazione di un condominio dal momento che non esce acqua dai rubinetti, comincia ad analizzarne le cause; dopo aver controllato il rubinetto e le tubature domestiche, entrambi integri, pensa che forse vi è un problema a livello del rubinetto centrale del palazzo e lo controlla: scopre che in effetti il problema risiede proprio lì e, dopo averlo risolto, verifica che in casa l'acqua fuoriesce nuovamente dal rubinetto. In questo esempio, il rubinetto della cucina rappresenta l'amministrazione della giustizia, mentre il rubinetto centrale rappresenta "qualcosa che sta prima" della giustizia stessa: è per questo motivo che Colombo si è convinto pian piano che "perché la giustizia cambi, sarebbe stato utile intensificare quel che già cercavo di fare nei momenti lasciati liberi dalla professione: girare per scuole, università, parrocchie, circoli e in qualunque altro posto mi invitassero a dialogare sul tema delle regole. La giustizia non può funzionare se il rapporto tra i cittadini e le regole è malato, sofferto, segnato dall'incomunicabilità" (parole tratte dall'introduzione al suo libro Sulle regole).
Dopo questa spiegazione, che Colombo riteneva doverosa per far comprendere il senso del suo libro, definito scherzosamente, ma non troppo, da Grevi "breviario laico di educazione civica", vengono introdotti i temi della prima parte del libro: la neutralità di termini come "regola", "legge", "legalità", "il cui significato può variare indefinitamente in base al contenuto che esprimono", potendo essere diversi in rapporto al momento storico e al Paese e spesso anche in contraddizione tra loro; l'ambiguità del termine "giustizia", usata per definire sia un principio sia il sistema creato "per risolvere le controversie" tra gli esseri umani e in nome della quale, nel corso della storia, sono stati compiuti rivoluzioni e genocidi; da dove deriva il diritto: inizialmente derivava dalla divinità, poi si è cominciato a parlare di diritto naturale, basandosi sul presupposto che "ogni essere umano avesse dentro di sé, fin dalla nascita, alcuni principi fondamentali comuni a tutti gli altri", poi si è parlato di diritto positivo, ossia il diritto è giusto quando è stato prodotto da istituzioni delegate a farlo ed è osservato; quindi la svolta recente: il passaggio da "sudditi" a "cittadini", grazie alla separazione dei poteri, "presupposto per la creazione (...) di una società in cui diritti e doveri siano distribuiti equamente".
Si passa così a parlare della seconda parte del libro, la più intensa dal punto di vista del ragionamento logico, la quale affronta il tema delle due società: la società orizzontale, nella quale l'uomo è al centro, costituisce un "valore", una "dignità", si basa "sull’idea che l’umanità si promuova attraverso un percorso armonico in cui la collaborazione di ciascuno (…) contribuisce all’emancipazione dei singoli e al progredire della società nel suo insieme"; la società verticale, quella che ha dominato gran parte, se non tutta la storia, vede l’uomo come strumento, si basa sulla gerarchia, “scartando gli inadeguati”, e i suoi valori fondanti sono la separazione e l’annientamento. Tuttavia – sostiene Colombo – “può darsi che una società sia organizzata nel suo complesso in modo verticale, eppure in parte viga il sistema dell’orizzontalità”. L’osservanza delle leggi viene garantita in modo solo parzialmente diverso nei due sistemi: nella società verticale “la sanzione deve (…) consistere in un male” e quindi sono previsti la pena di morte e il carcere; quest’ultimo, anche se in teoria incompatibile con la società orizzontale (come la pena di morte), viene utilizzato nella stessa per punire l’inosservanza di molte norme. L’ex pm sostiene che il fatto che il carcere sia la principale risposta alla violazione delle leggi non deriva solo “dalla tradizionale equivalenza tra sanzione, da un lato, ed esclusione e sofferenza, dall’altro”, ma anche dal contributo della Chiesa (ad esempio, l’Indice dei libri proibiti, che è in fondo una forma di esclusione).
Il discorso intrapreso nella seconda parte - sottolinea Grevi - è propedeutico all'illustrazione di un modello di società orizzontale, quello contenuto nella nostra Carta costituzionale, come Colombo fa nella terza parte del suo libro. Il salto compiuto nei secoli per giungere a questo risultato è notevole: se un tempo giustizia voleva dire "riconoscimento e tutela delle diseguaglianze" (basti pensare ai tempi della schiavitù), oggi giustizia è "riconoscimento e tutela delle pari opportunità". E, infatti, i due principi cardine della Costituzione, da cui discende tutto il resto, sono: il riconoscimento dei diritti e l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge.

Uscendo fuori dai temi strettamente trattati nel libro, ma muovendosi sempre nel campo della legalità, il professor Grevi chiede un parere a Colombo riguardo un eventuale cambiamento dell'azione penale, passando dall'essere obbligatoria all'essere discrezionale: così, sostiene Grevi, il magistrato potrebbe decidere sua sponte quali reati perseguire e quali persone indagare per quei reati, venendo meno ai principi di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. E Colombo risponde sostenendo che l'obbligatorietà dell'azione penale è fondamentale per mantenere la separazione dei poteri: in caso contrario, il magistrato sarebbe costretto a rispondere dei propri atti e perderebbe perciò la sua indipendenza.
Riguardo un altro tema caldissimo, le intercettazioni telefoniche, Colombo afferma che, secondo lui, l'uso è attualmente eccessivo, mentre si tratta di uno strumento da utilizzare con estrema cautela, solo per quei reati che effettivamente offendono la comunità e, soprattutto, non come "scorciatoia", a scapito, cioè, di altri strumenti d'indagine, magari anche più funzionali. E' poi importante difendere la riservatezza degli intercettati; la pubblicazione dei colloqui dimostra che noi tutti vogliamo che le regole siano rispettate, ma quando siamo chiamati a farlo in prima persona ci tiriamo indietro: "ciascuno per sé é l'ultimo giudice".
Grevi conclude questa conversazione domandando quanto la cultura influenza il diritto: la sua personale opinione è che il diritto deve essere più forte e deve indirizzare la cultura, senza farsi sopraffare. Colombo, come si è evinto dal botta e risposta, crede il contrario: la mentalità o i comportamenti generali sono più forti e in grado pertanto di influenzare le regole e il loro rispetto. Ha fatto l'esempio di Tangentopoli: quindici anni fa c'era indignazione nei confronti di coloro che si macchiavano di reati di corruzione, oggi c'è molto meno sconvolgimento e malumore perché la gente si è quasi abituata, prevale un atteggiamento giustificazionista, il quale é in grado di influenzare la legge.
La conversazione si è chiusa così, seguito da alcune domande del pubblico. Inutile dire (credo si sia capito) che esso sarebbe potuto continuare per altre ore, non so quante: dalla passione dei due conversatori, é emerso chiaramente come il tema sia complicato, pieno di mille sfumature e perciò difficile da condensare in due ore.

Per maggiori informazioni:
Aldo Bonaventura

mercoledì 3 settembre 2008

3° FESTIVAL DEI SAPERI A PAVIA



Si apre oggi a Pavia, prolungandosi fino al 7 settembre, il "3° Festival dei Saperi", il cui tema è Linguaggi della creatività: matematica e musica.
Il programma è stato curato da un Comitato scientifico composto da personalità dei diversi ambiti culturali (Cesare Balduini, Carlo Alberto Redi, Silvia Vegetti Finzi, Salvatore Veca tanto per citarne alcuni). Lezioni magistrali, conferenze, dialoghi e laboratori offriranno spunti di riflessione sulla mente creativa, sulla struttura dei linguaggi matematici e musicali, su matematica e musica come strumenti per l' educazione.
Avendo già consultato il programma, vi anticipo alcuni degli incontri più interessanti.

Mercoledì 3 settembre, ore 21,30, Teatro Fraschini: "Gilberto Gil & Broadband Band" in concerto (a pagamento).

Giovedì 4 settembre, ore 17, Piazza della Vittoria: Gianni Rivera, Fabio Cudicini e Mario Corso discutono con Gigi Garanzini su "Numeri in gioco. Dall'uno all' undici".

Giovedì 4 settembre, ore 21,15, Cortile del Broletto: "Intrecci sonori". L'orchestra dell'istituto musicale "Vittadini" suona "Le quattro stagioni" di A. Vivaldi.

Venerdì 5 settembre, ore 18,30, Cortile delle Statue dell'Università degli Studi: "Incontri con l'Autore". Paolo Giordano presenta "La solitudine dei numeri primi", vincitore del Premio Campiello Opera Prima e del Premio Strega, entrambi nel 2008.

Venerdì 5 settembre, ore 21,30, Cortile delle Statue dell'Università degli Studi: "Lessico civile: la giustizia e le regole". Vittorio Grevi incontra Gherardo Colombo, autore del volume "Sulle regole".

Sabato 6 settembre, ore 18, Teatro Fraschini: "Premio di divulgazione scientifica 2008" attribuito a Patrizio Roversi.
Sabato 6 settembre, ore 22,45, Cortile del Broletto: "L'altro Novecento. Concerto Jazz" a cura dell'istituto musicale "Vittadini".

Domenica 7 settembre, ore 11,30, Cortile dei Caduti dell'Università degli Studi: "Pluralismo". Conversazione degli studenti collegiali con Salvatore Veca.

Domenica 7 settembre, ore 21, Piazza della Vittoria: "Numeri da circo (mediatico)". Lamberto Sposini conversa con Antonio Di Bella, Massimo Cirri, Filippo Solibello e gli "Uomini dell'Auditel".

Domenica 7 settembre, ore 21,30, Cortile delle Statue dell'Università degli Studi: "La matematica e la musica di fronte all'infinito". Lectio di Giorgio Israel.
Domenica 7 settembre, ore 21,30, Castello Visconteo: "Max live 2008". Concerto di Max Pezzali (a pagamento).

Questi sono solo alcuni degli eventi: al sito
www.festivaldeisaperi.com, è possibile prendere visione del programma completo e scaricarlo in formato pdf. E' inoltre presente una sezione dedicata alla città di Pavia, con itinerari cittadini, guida ai monumenti, indicazioni su dove mangiare e dormire.


mercoledì 30 luglio 2008

A SUON DI FISARMONICA


Una serata a dir poco magnifica, in scena nella Chiesa di S. Pietro Martire, ha coronato l'appuntamento del "VI Festival Internazionale della Fisarmonica Guido Bogliolo". L' Orchestre d'Accordéons de la Suisse Francophone, diretta magistralmente dal maestro Lionel Chapuis, ha deliziato il pubblico, che ha gremito la chiesa in ogni ordine di posto e che ha apprezzato e partecipato attivamente, producendosi negli accompagnamenti di alcuni pezzi.
Il concerto si è aperto con un pezzo di Boelmann, per continuare con la ce
leberrima "Aria sulla quarta corda" di Johann Sebastian Bach e con un "Pater Noster" scritto dal maestro G.M. Bogliolo, nel corso del quale all'orchestra si accompagnava un piccolo coro: un pezzo apprezzato dall'uditorio, tanto da richiederne il bis alla fine del primo tempo. Si è continuato con brani di Deatwiler, Kolz, Perosi, Verdi e Webber e con due marce svizzere, dalla musicalità e dal ritmo molto trascinanti ed orecchiabili al punto che l'intera chiesa non ha resistito a battere le mani a tempo.

La seconda parte della serata è stata dominata dal maestro Bogliolo, oscar della Fisarmonica e direttore artistico del Festival, che ha suonato tre pezzi superbi: "La danza delle spade" di Khachaturyan, "La gazza ladra" di Rossini e "Rapsodia in blu" di Gershwin. Si tratta di tre pezzi storici, in cui il maestro ha potuto mostrare tutte le sue abilità tecniche, incantando l'intero pubblico che ha seguito in religioso silenzio l'esecuzione, tributando un lungo applauso al termine.


Il tour dell'orchestra proseguirà nel corso della settimana alla volta di Corinaldo, Castelfidardo (una delle patrie della fisarmonica, insieme a Stradella), Città del Vaticano (per onorare la festa nazionale elvetica, l'orchestra suonerà per le Guardie svizzere di Sua Santità), Roma presso il Pantheon, Pisa e Varazze.

Aldo Bonaventura



venerdì 25 luglio 2008

VI FESTIVAL INTERNAZIONALE DELLA FISARMONICA


Martedì 29 luglio approdano a Casteggio le fisarmoniche, all'interno del VI Festival Internazionale della Fisarmonica "Guido Bogliolo", presentato dall'Associazione Culturale La Barbatella, dall'Associazione Amici di Mairano e dalla Pro Loco di Casteggio, con il patrocinio dei Comuni di Casteggio e Fortunago, dell'Ambasciata svizzera e del club I Borghi più belli d'Italia.
E' un'occasione per rivedere e riascoltare nell'Oltrepò uno strumento che qui nacque nella seconda metà dell'Ottocento: fu il giovane Mariano Dallapè ad avere l'intuizione e costruire la prima fisarmonica diatonica, decretando in pratica la nascita della fisarmonica moderna (il primo esemplare, del 1876, è esposto nel piccolo museo della fisarmonica di Stradella, cittadina che divide con Castelfidardo il titolo di capitale di questo strumento; la fabbrica di fisarmoniche Dallapè esiste ancora e realizza strumenti di altissimo livello, essenzialmente per professionisti e concertisti).
Il Festival nasce con l'intento di sostenere questo strumento della tradizione popolare: ideato dall'associazione no profit "Le fisarmoniche di Stradella e di Oltrepò" insieme con l'AMA (Association Mondiale Accordeonistes) nel 2003, la rassegna ha portato nel corso degli anni un notevole contributo sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista turistico. Basti ricordare che fino all'anno scorso si contavano oltre 3000 fisarmonicisti e sostenitori (di cui la gran parte proveniente da Svizzera e Germania) per sottolineare il richiamo di questo strumento per tutti gli appassionati e i professionisti.
La particolarità di questa manifestazione è data dal fatto che si tratta di un Festival itinerante per l'Italia: i fisarmonicisti si esibiranno a Milano, Casteggio, Corinaldo, Castelfidardo, Città del Vaticano, Roma (Pantheon e Basilica di S. Martino ai Monti), Pisa, Genova e Varazze.
Nel corso della tappa casteggiana, sarà possibile ascoltare l'esecuzione di brani di Bach, Boelmann, Bogliolo, Deatwiler, Khachaturyan, Kolz, Perosi, Rossini, Verdi e Webber.

Per tutti gli appassionati e per tutti coloro interessati a riascoltare le note di uno strumento in parte dimenticato in questi tempi, l'appuntamento è martedì 29 luglio 2008, alle ore 21,30, nella Chiesa di S. Pietro Martire di Casteggio.

Accorrete numerosi!!!

martedì 25 marzo 2008

ERICA PAOLA SCATTOLON


Nome: ERICA PAOLA

Cognome: SCATTOLON

Nata il: 7 maggio 1985

A: Voghera

Professione: Studentessa



Eccomi: una ragazza dalla natura inquieta, sensibile, critica, con un forte senso del dovere...forse anche un pochino simpatica! In ogni cosa della vita prediligo la qualità alla quantità: pochi amici, ma veri e sinceri; poche passioni ma davvero coltivate (ultimamente leggo molto sulla storia italiana, e mi gusto i films del regista Pedro Almodovar, cosa che mi aiuta nella riscoperta della lingua spagnola).
Passati gli anni in cui mi dividevo fra studio e lavoro, da qualche mese mi godo l'essere studentessa in Giurisprudenza a tempo pieno, presso l'Università degli Studi di Pavia. Mi preparo a trascorrere sei mesi in Spagna per il progetto Erasmus, che fonde due punti fermi della mia vita: il viaggio e lo studio del diritto.
L'amore infinito per i viaggi credo sia dovuto tantissimo al fatto di aver frequentato un liceo linguistico e alle varie esperienze di scambio culturale e linguistico che ho vissuto: vedere altro da quel che si è e si ha, ti fa capire chi sei e ciò che hai.
Per quanto riguarda il diritto, diventare magistrato è il mio obiettivo. Non ricordo un momento in cui dentro di me ci fosse un'idea differente. Questo obiettivo è nato con me.
Schopenhauer disse: " Il solo pensiero di vedere le donne nell'ufficio di giudice mi fa ridere". Mi piacerebbe ridesse parecchio!

ELISABETTA OFFICIO

Nome: ELISABETTA

Cognome: OFFICIO

Nata il: 16 agosto 1985

A: Voghera

Professione: Studentessa

e-mail: elisabetta.officio@gmail.com




Studio Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Pavia e sono all’ultimo anno. Ho fatto questa scelta perché è il sogno che coltivo da sempre, sperando in questo modo di poter aiutare gli altri. La mia formazione però coniuga a questo percorso universitario anche la conoscenza delle lingue, che credo essere fondamentali nel mondo in cui viviamo oggi. Adoro viaggiare e ritengo che facendolo con la conoscenza della lingua del posto che visitiamo ci metta ancora più in contatto con esso, con i sui abitanti e con le sue tradizioni e cultura… ecco perché questo amore per le lingue straniere. Questa conoscenza mi ha anche aperto porte sul mondo del lavoro: infatti ho lavorato presso l’Osservatorio di Pavia (quello radiotelevisivo) al “Progetto Europa”, facendo la rassegna stampa per Commissione e Parlamento Europei, in lingua inglese. Parlo al passato perché il mio rapporto lavorativo si è ormai concluso, data la mia imminente partenza per la Germania, dove rimarrò per 6 mesi in Erasmus!!!
Nonostante questa mia vena esterofila, sono enormemente attaccata al posto in cui vivo, ne amo le tradizioni, i luoghi, i sapori ed i suoni e questo legame si è ancor più accentuato proprio viaggiando. Cerco di trasmettere ciò che provo per la mia terra alle persone che incontro per regalare loro un po’ della meraviglia che noi qui ogni giorno viviamo. Avevo una nonna molto anziana che mi raccontava tante storie sulla vita di un tempo, come tutte le nonne credo, ed io ho sempre provato un po’ d’invidia per ciò che col tempo è andato perso, per quelle tradizioni e per quelle situazioni così affascinanti che hanno un gusto d’altri tempi. Ecco perché faccio parte dell’Associazione “Amici di Mairano”, che si occupa di riscoprire e rivalutare i luoghi e le tradizioni della nostra zona e de “La Barbatella” che nel suo nome comprende l’essenza di ciò che è il nostro gruppo: ragazzi che operano per il loro territorio, a cui sono per natura legati.

...PENSIERI...PAROLE...


Al pari di un quadro, scultura o monumento, un libro, di poesia o di prosa, ti arrichisce non solo nell'immediato, ma ti muta l'essenza.


Luigi Einaudi

La musica è il genere di arte perfetto. La musica non può mai rivelare il suo segreto più nascosto.
Oscar Wilde

Il sogno è l'infinita ombra del Vero.
Giovanni Pascoli

Il problema dell'umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.

Bertrand Russell

La musica è l'arte di pensare attraverso i suoni.

Jules Combarieau

La libertà è il diritto dell'anima di respirare.

dal film Will Hunting

La grande poesia è semplicemente linguaggio carico di significato al più alto grado possibile.

Ezra Loomis Pound

I delitti dell'estrema civiltà sono certamente più atroci che quelli dell'estrema barbarie.

Jules Amédée Barbey d'Aurevilly

Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.

Charlie Chaplin

Finché sarai fortunato avrai molti amici; se i tempi si faranno bui, resterai solo.

George Orwell

È il perpetuo timore della paura, la paura della paura, che forma il volto di un uomo coraggioso.

Georges Bernanos

Quanto più del tempo si tiene a conto, tanto più si dispera d'averne che basti; quanto più se ne gitta, tanto par che n'avanzi.

Giacomo Leopardi

E, poiché sola nell'universo la poesia è verità, quegli che sa contemplarla e attrarla in sé con le virtù del pensiero, quegli è presso a conoscere il segreto della vittoria su la vita.

Gabriele D'Annunzio

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.
Primo Levi

Le amicizie non si scelgono a caso, ma secondo le passioni che ci dominano.


Alberto Moravia

Senza moralità civile le comunità periscono; senza moralità privata la loro sopravvivenza è priva di valore.

Bertrand Russell

Il mondo è un bel libro, ma poco serve a chi non lo sa leggere.

Carlo Goldoni

Il saggio muta consiglio, ma lo stolto resta della sua opinione.

Francesco Petrarca

La vita fa parte delle cose viventi, chi vive deve quindi sempre affrontare dei cambiamenti.

Johann Wolfgang Goethe

Spesso le persone fanno arte, ma non se ne accorgono.

Vincent Van Gogh


Filosofare non significa imitare i pensieri di qualcuno, significa invece pensare con la propria testa.
I. Kant

ALDO BONAVENTURA

Nome: ALDO

Cognome: BONAVENTURA

Nato il: 18 novembre 1985

A: Tortona

Professione: Studente

E-mail: aldo.bonaventura@hotmail.it

Sito: aldobonaventura.blogspot.com


Comincio questa mia breve descrizione dicendo che non sono proprio dell'Oltrepo, ma l'ho scoperto in questi anni grazie alla permanenza per motivi di studio a Pavia e alla conoscenza di Lorenzo, il quale mi ha introdotto a Casteggio e all'Oltrepo. Ed è stata una bella scoperta: una terra ricca di storia e di cultura, ricca di prodotti della terra e soprattutto del vino che rappresenta il suo vanto.
Per quanto riguarda me, sono uno studente in Medicina e Chirurgia, giunto quasi alla fine dei sei anni in attesa poi di intraprendere la Scuola di specialità; aver scelto di fare il medico è dipeso da una forte passione personale e da un grandissimo interesse per tutto ciò che riguarda quella perfetta macchina che è il nostro corpo umano.
A parte l'attività di studio, ho due grandi hobby per i quali cerco di ritagliarmi il maggior tempo possibile: la lettura e la scrittura. La lettura è ormai un qualcosa di inscindibile da me, specie quella riguardante la storia italiana del secondo dopoguerra e l'attualità. La scrittura è una passione nata da pochi anni e che è andata via via rafforzandosi con articoli su un giornale locale e l'allestimento di un mio blog: inutile dire che il sogno nel cassetto rimane pubblicare un libro, sogno che continuo a coltivare non appena ne ho il tempo. Oltre a lettura e scrittura, non disdegno la musica, "strimpellando" qualche pezzo con la chitarra, e il calcetto, appuntamento fisso almeno una volta alla settimana, dal momento che è anche l'unica attività sportiva che riesco a svolgere.
Aver iniziato la collaborazione con "La Barbatella" è stato un merito di Lorenzo, il quale mi ha trascinato in questo progetto che mi ha permesso di crescere sotto tutti i punti di vista e che spero di poter continuare a lungo.

CARLO PICCININI

Nome: CARLO

Cognome: PICCININI

Nato il: 1° marzo 1984

A: Voghera

Professione: Studente e Imprenditore agricolo

E-mail: carlo_prt@hotmail.com



Cresciuto nelle campagne di Casteggio, ho sempre coltivato la passione per tutto ciò che è legato al territorio ed alle tradizioni dell'Oltrepò.
Mi sono Diplomato negli USA. Da poco sono anche imprenditore agricolo, attività che la mia famiglia porta avanti da generazioni e che sono determinato a continuare con il massimo dell'impegno. Ritengo che una buona preparazione scolastica debba fare da base per qualunque attività si voglia intraprendere in un mondo così globalizzato e ricco di opportunità ma anche difficile da interpretare e prevedere. Per questo motivo sto anche portando avanti i miei studi per diventare dottore in Economia e commercio.
Credo che l'impegno per il proprio territorio sia fondamentale per portare avanti progetti di sviluppo e soprattutto per creare basi di miglioramenti su molti aspetti della società in cui viviamo.

FRANCESCA CASARINI

Nome: FRANCESCA

Cognome: CASARINI

Nata il: 20 settembre 1985

A: Broni

Professione: Studentessa

E-mail: casarinif@libero.it



Descrivere sé stessi penso sia una delle cose più difficili da fare.
Io sono una ragazza di 23 anni piuttosto normale, frequento l’ultimo anno della Scuola Interpreti e Traduttori di Milano e sono ormai arrivata al rush finale, tra giugno e luglio esami e discussione della tesi che si spera mi permetta di diventare interprete di lingue straniere. Per fortuna ho scelto la strada giusta, le lingue sono sempre stata una passione fin dai tempi delle scuole medie e ho deciso di coltivarle e di farne la mia vita; ora sono stanca, 5 anni sotto pressione si sentono, ma sono anche contenta del mio percorso e spero di poterne raccogliere i frutti.
Sono una persona determinata, metodica, pignola (a volte forse un po’ troppo), mi piacciono organizzazione e precisione. Questo non significa che sia la classica bacchettona che non ammette sgarri, al contrario. Mi piace la compagnia, mi piace condividere tutto quello che faccio con le persone che più mi sono care e sono sempre pronta a fare cose nuove, per me ogni occasione è buona per viaggiare, scoprire e vedere (i miei genitori ormai lo sanno e ogni tanto fanno le valigie e vengono a trovarmi nel posto in cui mi trovo in quel momento…)
Non ho tantissimi amici, quelli veri si contano sulle dita di una mano e so che su di loro posso contare. Sono il mio punto di riferimento e li conosco così bene e da talmente tanto tempo che ormai sono praticamente parte della famiglia!

CARLO VIGO

Nome: CARLO

Cognome: VIGO

Nato il: 22 agosto 1988

a: Voghera

Professione: Studente

e-mail: supercharlie88@hotmail.it


Sono studente universitario presso la facoltà di Farmacia dell' Università degli studi di Pavia.
Sono una persona molto socievole e, da quanto la gente dice di me, anche abbastanza simpatica. Mi ritengo una persona parecchio testarda e spesso troppo impulsiva ma fortunatamente presento anche alcune buone qualità come l'essere gentile, generoso, affettuoso, comprensivo e disposto al dialogo.
Per quanto riguarda le mie passioni, ormai da anni nutro un interesse sfrenato per la musica: mi piace ritrovare in essa la sperimentazione, pur rimanendo attaccato, in modo quasi morboso, ai grandi classici e ai nomi leggendari. E non per niente da quasi 9 anni suono la chitarra, grazie alla quale sono entrato in questo magnifico mondo.
Sono un orgolglioso membro dell' Associazione Culturale "La Barbatella" poichè ritengo più che doveroso mobilitarsi al fine di sponsorizzare tutto ciò che di culturale (ed interessante allo stesso tempo) il nostro paese e le nostre tradizioni ci offrono.

CANALETTO E BELLOTTO. L'arte della veduta


www.palazzobricherasio.it


Due dei migliori interpreti del vedutismo, "veneziani di nascita ma europei per vita vissuta", sono messi a confronto nel corso di questa mostra, a mio parere molto ben riuscita.
Solo per rinfrescare la memoria, vale la pena ricordare che Zuanne (Giovanni) Antonio Canal detto Canaletto e Bernardo Francesco Paulo Ernesto Bellotto erano parenti, in quanto la madre di Bellotto, Fiorenza Canal, era sorella di Canaletto. Entrambi cresciuti alla bottega di Bernardo Canal (il padre di Antonio) e, per quanto riguarda Bellotto, dello stesso Canaletto e iscritti alla fraglia (la corporazione dei pittori), fin dai primi passi hanno dedicato la loro attenzione a "fotografare" il paesaggio.

Canaletto si distingue per la perfetta conoscenza della prospettiva e della tecnica pittorica: le linee dritte, i piccoli
tocchi di colore senza pesantezza e spessore e privi di impasti chiaroscurali, avviandosi così sulla strada del rigore scientifico, che è la sua peculiare caratteristica, il suo tratto distintivo.
Per raggiungere la perfezione, si avvale della camera ottica, grazie alla quale prepara schizzi, presi da vari punti di osservazione e poi riuniti in un unico foglio. A tale proposito è bene sottolineare come ricorra abbastanza spesso l'uso dell'arco, così come in Bellotto, un espediente compositivo utile a dare profondità alla scena, a creare i piani di luce, tanto amati da Canaletto.

Bellotto, data la frequentazione della bottega dello zio, ne è inizialmente influenzato: quel rigore del disegno non gli appartiene e infatti, nel corso della sua carriera, viene sostituito da uno stile più personale. La peculiarità del Bellotto maturo sta proprio in un uso del colore con un'intonazione più fredda e in una concezione più drammatica delle luci, giusto a marcare l'autonomia del suo discorso poetico. I suoi cieli sono più trasparenti, le sue ombre più nere, profonde e disegnate, i contrasti chiaroscurali più marcati ("tagli di luce e profondità d'ombra portati al massimo della scenograficità, fino a esiti di una tragicità epocale e misteriosa" Giandomenico Romanelli, Bellotto), la resa dei particolari più nitida e incisiva (questo per certi versi influenza Canaletto), una maggior attenzione alla vita cittadina, quasi assente nelle opere dello zio, esemplificata dalle scene cittadine del periodo di Dresda e dalle scene rurali del periodo di Varsavia.



da: reprodart.com
Canaletto, Warwick Castle, la facciata orientale dal cortile


"I due grandi artisti (...) coniugano nelle loro vedute arte e cronaca, storia e poesia".

"L'uso sapiente della camera ottica (ideata nel '500 e perfezionata nel '700, che consente di proietta
re un'immagine, attraverso una lente, su una superficie di vetro da cui viene poi riprodotta) permette a zio e nipote di rubare e fermare sulle loro tele, come moderni fotografi, delle istantanee della realtà".

"(...) scatti d'autore destinati a facoltosi personaggi del posto, ma soprattutto ai numerosi visitatori stranieri impegnati nel Grand Tour".



Aldo Bonaventura

venerdì 21 marzo 2008

UNA SERATA MAGICA



Per mesi, dopo il primo appuntamento della Barbatella con Note d’Autore, abbiamo lavorato per regalare a tutti voi un’altra serata indimenticabile. Volevamo stupire tutti, regalare a Casteggio uno spettacolo superbo ma soprattutto regalare ai presenti un’emozione…
Abbiamo puntato in alto, altissimo, più alto di quello che avessimo mai immaginato: portare a Casteggio, nella chiesa di San Pietro, Mozart e quello che da molti è considerato il suo capolavoro, il Requiem. Impensabile per un’associazione di ragazzi nata da sei mesi, forse troppo ambizioso: però non posso far altro che gridare: CI SIAMO RIUSCITI!!!

Sabato 15 marzo, appuntamento alle 21.15…alle 20.30 metà chiesa era già piena… alle 21.30, alle prime note dirette dal maestro Niccolai, la chiesa era stracolma!
Non immaginate che emozione e che soddisfazione per me e per gli amici della Barbatella vedere così tante persone, così tanti ragazzi, così tanti complimenti, una partecipazione così sentita.
Il coinvolgimento che Casteggio ha dimostrato fin qui nei nostri confronti va ben oltre le nostre più rosee aspettative e di questo ringraziamo tutti di cuore. Sabato erano quasi 400 al Pistornile, 400 ad applaudire il maestro Niccolai e la sua orchestra, il coro e i solisti che sono stati superlativi…quell’emozione che avevamo sognato…uno spettacolo grandioso, tanto bello da non sembrare un requiem…le lacrime agli occhi di qualche signora a fine serata ci hanno ripagato di tutti gli sforzi fatti…

I ringraziamenti sono doverosi:
- prima di tutto i musicisti: l’Orchestra Sinfonica di Asti, la corale “A.Gavina” di Voghera e il coro “W. A. Mozart” di Acqui Terme, i solisti Monica Elias, Sara Bonini, Gianfranco Cerreto, Daniele Biccirè e il maestro Aldo Niccolai, che ringrazio con il cuore per la disponibilità e la collaborazione;
- un ringraziamento tutto speciale va a Banca Fideuram che ha interamente sponsorizzato la serata ed era presente sabato con dirigenti e dipendenti. Un GRAZIE infinito per aver creduto in noi e nel nostro progetto;
- il Comune che ha patrocinato l’evento, al sindaco Avv. Manfra e agli assessori Avv. Allegrini e Rag. Ascagni presenti sabato e che sempre ci aiutano e ci sostengono;
- un saluto affettuoso e un ringraziamento alle dirigenti scolastiche, Dott.ssa Zanghi e Dott.ssa Achilli, presenti a rappresentare la scuola;
- un grazie particolare deve essere assolutamente dedicato alla ditta Madama e al sig. Stefano Cimò, alla sua gentilezza e infinita disponibilità ad aiutarci sempre e comunque. E’ una fortuna per noi poter contare su persone così. Grazie!
- grazie all’ Associazione Amici di Mairano per il supporto logistico;
- ringraziamo la Sig.na Barbara Rossi, la Dott.ssa Franchini e l’Arc. Gazzaniga, fondamentali per la riuscita della serata;
- ultimo, ma non meno importante, un GRAZIE a Don Pino che ci ha ospitati mettendo a disposizione chiesa ed oratorio senza condizioni.

Le ultime parole voglio, come al solito, dedicarle agli amici della Barbatella, con cui sto condividendo questo progetto. Ancora una volta siete stati impeccabili, organizzazione perfetta e puntuale, tanto da ricevere i complimenti dagli stessi musicisti. Non so cosa farei senza di voi, siete grandi!!!!!!!!
Abbiamo puntato alto, ma la cosa più bella è che ci siamo arrivati. Certe volte faccio ancora fatica a realizzare.
Adesso viene il bello: dobbiamo mantenere il livello, continuare a regalare a noi e a Casteggio le stesse emozioni di sabato sera. Ci aspettano ancora tante riunioni e discussioni, ma sono sicuro che, se continuiamo così, con questa voglia e questa costanza, non possiamo fallire.
Ragazzi complimenti, complimenti per le emozioni che avete saputo regalare anche a me…Grazie!


Lorenzo Vigo

sabato 8 marzo 2008

ANALISI MUSICALE DEL REQUIEM

Una nostra amica, Nunzia Santomauro, appassionata di Mozart e frequentante il conservatorio, ci propone un'analisi musicale del Requiem.

Mozart, ossessionato dall’idea della morte o, meglio, ossessionato dall’idea di una morte predestinata, compone l’Introitus nel quale l’andamento sincopato infonde un senso di inquietudine, di angoscia: il discorso è ansimante, è tutto un susseguirsi di sospiri e singhiozzi musicali. I tromboni sono la rappresentazione delle voci del giudizio universale e con questa funzione ritorneranno più volte nel corso della composizione. Ad un tratto, la musica incalza e si apre al coro. Prima le voci maschili, poi quelle femminili arpeggiano e danzano su quell'unica, immensa frase che terrorizza ed opprime il compositore: "Requiem aeternam dona eis, Domine" "Eterno riposo dona a loro, Signore". Il tema è semplice ma ricchissimo. Le parti del coro lottano per stapparsi di bocca la melodia, quasi avessero fretta di esaurirla. Ma Mozart non vuole morire e la sua lotta emerge chiara nelle successive battute: "Et lux perpetua luceat eis" "Risplenda su di loro la Luce Perpetua", parole da cui emerge la speranza, la convinzione di un'Eterna pace, di un aspettato ed infinito riposo. La conclusione è spettacolare! Un urlo, uno strillo di rabbia esplode nell'aria. Un urlo ossessivo e folle che si esaurisce lentamente in un sussurrato e melanconico "luceat eis". Si apre così il "Kyrie", uno dei pezzi più famosi della storia della musica. Il coro domina per tutta la durata del brano, quasi le voci si contendessero l'onore e il dovere di elevare ai cieli la loro preghiera: "Signore, Pietà! Cristo, Pietà! Signore, Pietà!". Tre minuti di autentica devozione, di totale abbandono a Dio. Questa fuga dà l'impressione di essere senza sosta: i temi compaiono con frequenza quasi ossessiva e sembra proprio che essi possano arrivare in qualsiasi momento e da ogni parte. Emerge uno stato d'animo di umanità colpevole che sente incombere il terribile giudizio divino (il Dies Irae che segue, appunto).
A questo punto però, comincia le vera corsa contro la morte. Il "Dies irae" è rapido e apocalittico. Si leggono tracce di inquietudine e di paura, sferzate di violenza e di ira, frammenti intensi di agonia. I violini aggrediscono letteralmente l'ultimo accordo, soli, senza timpani o ottoni a definire la conclusione. Possiamo immaginare che questo è il brano che Mozart patisce più di tutti. La sua gara con la morte, infatti, è impari. Non riesce ad essere rapido quanto vorrebbe: sei episodi della Sequentia erano completati nelle parti vocali ma le parti strumentali erano solamente abbozzate. Riesce a disegnare una folgorante visione di Dio nell'immenso "Rex tremendae", ma non lo conclude. Nel "Lacrimosa" il compositore riesce, attraverso l'utilizzo di brevi frasi di crome ascendenti e discendenti assegnate ai violini contornate da una scrittura corale di ampio respiro, a creare un effetto di pianto a stento trattenuto, di preghiera umile e devota con un “Amen” conclusivo in forte che esprime tutto il fervore religioso dell'autore; questo brano è un commovente lamento che le circostanze biografiche del compositore hanno trasformato nel suo congedo dal mondo: il “Lacrimosa” viene infatti interrotto all’ottava battuta così come i brani "Domine Jesu Christe" e "Hostias" che prospettano soltanto una vaga traccia generale della melodia; "Sanctus", "Benedictus" e "Agnus Dei" non verranno mai composti.
In verità, Mozart non riuscì a mai vincere la sua corsa contro la morte ma riuscì a creare la più grande testimonianza di musica sacra della storia dell'uomo. La terrificante trasfigurazione della Morte, l'accecante potenza di Dio si fondono in un canto misterioso, arcano, che si eleva fino al cielo con soave naturalezza. In fondo la morte è la vera e unica amica dell'uomo, dirà lui stesso. Nonostante la musica ricordi per concezione e impostazione le messe funebri della tradizione, la creatività assoluta traccia le basi di una dimensione musicale tutta nuova, che rispecchia fino in fondo il sentimento del compositore e riflette un rapporto diretto, uno scontro audace tra Dio e l'uomo. Questa è la vera natura del Requiem: farsi portavoce del richiamo insito in ogni creatura di fronte alla morte, di fronte all'ombra. Un canto di preghiera e di speranza che accomuna tutte le genti, le razze, le nazionalità, le lingue e i popoli verso una realtà da cui nessuno può sfuggire. Una realtà che raggiunge tutte le cose. Una realtà che ci accomuna tutti come "uomini".

sabato 1 marzo 2008

IL REQUIEM DI MOZART


(da www.wikipedia.org)

Come avete potuto vedere dall'immagine a lato, il giorno 15 marzo 2008 a Casteggio, nella chiesa di S. Pietro Martire, alle ore 21,15, verrà eseguito il Requiem in Re minore K 626 di Wolfgang Amadeus Mozart.
A tal proposito, vale la pena ricordare come è nato nella mente del grande compositore tale capolavoro dal momento che la vicenda ha una storia controversa.

Stendhal, in Vite di Haydn, Mozart e Metastasio (1815), parla di un anonimo committente che incarica Mozart, malato e caduto in miseria, di comporre in un mese una messa da requiem, dietro compenso di cinquanta ducati. Mozart tenta di scoprire chi sia il misterioso committente, ma venendogli a mancare le forze per il faticoso lavoro e non riuscendo ad identificare l'uomo, si convince che la messa sarebbe stata il requiem del suo funerale.
Allo scadere delle quattro settimane, l'uomo si presenta per ritirare la composizione, che però Mozart non aveva ancora completato. Così, nonostante i sospetti del musicista, gli offre altri cinquanta ducati e altre quattro settimane di tempo, le quali si riveleranno inutili, poiché Mozart morirà di febbre e insufficienza renale il 5 dicembre 1791, lasciando l'opera incompiuta.
Oggi è certo che il committente era il conte Franz Walsegg-Stuppach, un nobile con velleità musicali che andava commissionando opere a compositori di professione, tramite degli intermediari, facendole poi passare per proprie; nella fattispecie, il Requiem sarebbe divenuto un omaggio alla defunta moglie.
Una seconda versione sostiene che sarebbe stato l'antagonista in musica, Antonio Salieri - invidioso per il prestigio acquisito da Mozart, a suo discapito, presso la corte austriaca - a forzare il deperimento del già malato collega. Lo affermano Aleksander Puškin, il drammaturgo Peter Shaffer e il regista Milos Forman.
La vedova di Mozart, Constanze, delega il completamento del Requiem (furono rinvenute decine di spartiti alla rinfusa sulla scrivania del compositore) a tre allievi del marito, per meglio avvicinarsi agli intenti originari: Joseph Eybler, Franz Freistädler e Franz Xaver Süssmayr, che diede l'apporto più rilevante all'opera finale.
Il mito vuole che la messa sia stata eseguita il giorno del funerale di Mozart, a cui hanno partecipato solo pochi amici che, a causa dell'incessante pioggia, si sono dileguati prima dell'arrivo al cimitero del carro funebre. Quando Constanze si reca in visita alla tomba, senza trovarne traccia, scopre che Mozart era stato seppellito in una fossa comune.
La verità è che la messa è stata eseguita in una funzione commemorativa organizzata dal suo amico Emanuel Schikaneder il 10 dicembre; tuttavia non si conoscono i frammenti eseguiti in tale occasione. Cronache del tempo affermano inoltre che il giorno del funerale non piovesse affatto e che semplicemente nessuno aveva seguito la bara al cimitero. Sua moglie Constanze si reca solamente 17 anni più tardi a cercare la tomba e per ovvi motivi non riesce ad identificarla.