venerdì 6 febbraio 2009

VAN GOGH A BRESCIA

Vincent van Gogh non ha certo bisogno di presentazioni. Le sue tele, i suoi colori, il colpo pesante del suo pennello, i girasoli sono immagini ben impresse nella nostra mente e fanno parte della conoscenza artistica media di ognuno.
Pittore olandese, vissuto tra il 1853 e il 1890, van Gogh può essere considerato il trait d’union tra Impressionismo ed Espressionismo, attraversando il primo e ponendo le basi per la nascita del secondo. Viaggia molto nella sua vita tra Olanda e Francia, dove viene a contatto con l’arte di Millet e Daumier, suoi riferimenti artistici principali, con le forme di Rembrandt e i colori di Rubens fino all’incontro e alla collaborazione con Gauguin. La crescita e l’evoluzione artistico-pittorica di van Gogh sono a dir poco singolari e sono protagoniste della mostra a lui dedicata presso il convento di S. Giulia a Brescia. Un percorso cronologico attraverso il mondo e l’arte del pittore olandese, la possibilità di capire, tramite le sue opere, la sua formazione pittorica. Più di cento capolavori tra disegni e tele provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo (Olanda) raccontano l’ anima più intima dell’autore, la sua crescente passione per l’arte, la sua vita da nomade, il rapporto con il fratello Théo. Inizia a dipingere a 27 anni van Gogh, inizia a studiare e riprodurre scene di vita contadina, zappatori, lavoratori. Il suo mondo, semplice e povero, diventa il suo bellissimo modello. E’ un pittore sociale, rappresenta la fatica e la sofferenza della sua gente cercando di dare forma ai loro visi e alle loro emozioni…

”Un contadino è più vero coi suoi abiti di fustagno tra i campi, che quando va a Messa la domenica con una sorta di abito da società. Analogamente ritengo sia errato dare a un quadro di contadini una sorta di superficie liscia e convenzionale. Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti – va bene, non è malsano; se una stalla sa di concime – va bene, è giusto che tale sia l'odore di stalla; se un campo sa di grano maturo, patate, guano o concime – va benone, soprattutto per gente di città”.

Il tratto dei primi disegni è incerto, la figura poco definita racconta gesti,
espressioni. Ma è una figura generalizzata e spesso caratterizzata da coppie di altre opere. Van Gogh in breve tempo prende sempre più consapevolezza dei suoi mezzi, studia le forme e la tecnica, sperimenta matite, carboncino, acquerelli. I soggetti cominciano a diventare personali come personale comincia ad essere lo stile, il tratto, brutale e vigoroso. Disegna paesaggi e persone, suoi compaesani, la lavanderia che vede dalla finestra, vedute della città. Lo zio, mercante d’arte, compra i suoi lavori e gli fa le prime commissioni. Fondamentale nella vita e nell’arte di van Gogh fu il rapporto con il fratello Théo con cui intrattenne un rapporto epistolare per tutta la vita nel quale l’autore stesso racconta i suoi lavori e i suoi tormenti, le difficoltà economiche, le idee: è la possibilità di vedere come il pittore viveva e soffriva nel suo mondo, come trasformasse in linea e colore una verità tutta sua regalandola a noi sotto forma di emozione. Piccole deviazioni dalla realtà, le rughe come solchi ma tanto profonde quanto vere nel raccontare il volto del vecchio marinaio, le mani rovinate. Butta il colore sulla tela, la pennellata grossa, ruvida, maestosa all’impatto: nulla è da immaginare o interpretare perché la verita che van Gogh mette nei suoi lavori è la verità vera. Giù giù fra i mile disegni e gli studi si arriva alla sala dedicata all’arte compiuta del maestro: un autoritratto, i cipressi, il giardino dell’ospedale, gli ulivi. Alcuni tra i suoi più grandi capolavori lì a testimoniare cosa era diventata la pennellata incerta degli anni addietro, come era cambiata la linea, il colore…

“So benissimo che la tela ha dei difetti ma, rendendomi conto che le teste che dipingo adesso sono sempre più vigorose, oso affermare che "I mangiatori di patate", insieme con le tele che dipingerò in avvenire, resteranno.”

La sua mente lo abbandonò definitivamente nel 1890, portandolo al suicidio. Così Vincent van Gogh si portò via tutta la sua arte.
Più che una mostra un viaggio attraverso la vita, la sofferenza di un uomo. Il suo percorso artistico dai primi passi fino all’esplosione, la possibilità di vedere come un artista nasce, vive e si spegne all’ombra della suo genio.

Lorenzo Vigo


(Le immagini presenti nel post sono ricavate dal sito ufficiale della mostra: http://www.lineadombra.it)