domenica 30 novembre 2008

GRAN SUCCESSO DI VENEZIANI A CASTEGGIO


Grande successo domenica scorsa per la presentazione del libro "Rovesciare il '68" di Marcello Veneziani, la sala della Certosa Cantù tutta piena per poter ascoltare l'autore spiegare il suo punto di vista sul 68. A dialogare con lui è stato il dottor Fabrizio Guerrini, giornalista della Provincia pavese, che ha avuto il merito di toccare tutti i temi più importanti trattati nel libro: si partiva da una citazione per poi allargare il discorso ad ambiti affini.

Innanzitutto Marcello Veneziani tiene a precisare che il suo è un libro "omeopatico": ha voluto scrivere cioè "un libro che curasse il '68 scendendo sul terreno del '68", evitando la formula del saggio, con lunghe frasi contenenti tesi poco
chiare, e preferendo la forma del flash, di frasi brevi ed efficaci, che potessero arrivare subito al dunque. Nel corso dell'incontro, l'autore sottolinea e spiega le tesi forti della sua opera, che trapelano nettamente dai flash che la compongono. Egli ritiene che il 68 sia stato uno "spartiacque culturale e civile, italiano e forse non solo italiano", così come hanno sostenuto papa Ratzinger e Monsieur Sarkozy, i quali hanno espresso la volontà di mettersi alle spalle questo periodo. Perchè intorno al 68 si è creata una "retorica di celebrazione", sebbene esso sia stato "un anno povero di eventi", "un anno piccolo" che non ha "innescato una rivoluzione politica o economica" in quanto nessun Paese ha mutato il suo assetto di governo, né è stato rovesciato il sistema capitalistico criticato dai sessantottini. E allora perché ne parliamo?, si chiede lo stesso Veneziani; ne parliamo perché è stata una "grande rivoluzione civile, una grande rivoluzione di costume": infatti, "quando parliamo del '68 (...) intendiamo sintetizzare un cambiamento d'epoca, un clima che muta radicalmente". Ne parliamo anche perchè, in fondo, il 68, nei Paesi occidentali, "fu una rivolta parricida: il simbolo da abbattere era il padre", intendendo definire con la parola "padre" il padre reale, il Padreterno, la tradizione, il docente ovvero tutto ciò che incarnava la responsabilità e l'autorità; "una rivolta contro il padre, che aveva da una parte uno spirito anarco-libertario e dall'altra una tensione massimalista, estremista". Lo spirito anarco-libertario caratterizzò il 68 fin dall'inizio, con le contestazioni americane contro la guerra in Vietnam, per un'università libera, contro il puritanesimo, mentre la tensione massimalista influì, invece, sulla violenza che sfociò negli anni di piombo. Ciò che sottolinea inoltre Veneziani è il fatto che "i sessantottini hanno rotto i ponti non solo col passato ma anche con l'avvenire"; si tratta, infatti, della prima generazione a crescita zero: la generazione, nata dal boom demografico, che "produce lo sboom demografico, cioè la denatalità dei nostri anni". Questo perchè "i sessantottini sono egocentrici, vivono nella dimensione dell'adolescenza permanente (...), non vogliono sentirsi responsabili del futuro" e quindi "mettere al mondo figli è un ingombro, una perdita del loro io, del loro egocentrismo, del loro egoismo". L'attenzione si sposta poi sul '68 dell'Est, totalmente diverso dal nostro: come si legge in un passo del libro, mentre loro "affrontavano i carri", "noi affrontavamo la carriera" piazzando in posti sempre più prestigiosi persone che avevano sfasciato la famiglia, l'università, ecc. e che, proprio per aver fatto il 68, ereditavano il diritto a vedersi assegnato un posto nella società. Per esempio, nella scuola: il giudizio di Veneziani al proposito è severo, in quanto "la scuola, con i docenti, non ha governato il cambiamento", "dopo il 68 è stata privata dei suoi criteri elementari: il senso di responsabilità, l'intreccio tra diritti e doveri, la meritocrazia, la valorizzazione delle qualità", togliendo così ai meno abbienti la possibilità di guadagnarsi un posto nella piramide sociale. Veneziani afferma con forza: "quando tu togli la meritocrazia, togli l'unico criterio alternativo alla ricchezza, quello fondato sulle capacità personali", permettendo così solo a "chi ha un contesto favorevole" di avanzare e raggiungere degli obiettivi. L'ultimo punto trattato dall'autore è il "conformismo della trasgressione che diventa un obbligo rituale" tanto che oggi è "più trasgressivo dirsi sensibile alla tradizione". A tal proposito Veneziani ricorda come il linguaggio è cambiato dopo il '68. I sessantottini criticano il linguaggio borghese, ipocrita, il "manierismo delle buone maniere": si arriva così da una parte alla trivialità, al linguaggio volgare e sboccato, alla parolaccia e alla bestemmia, dall'altra il linguaggio adeguato al politically correct, "che impone di non dire mai le cose come sono" per cui il cieco è il non vedente, il bocciato è il non promosso, ecc.

Insomma, il giudizio di Veneziani sul '68 è assolutamente caustico, teso però a cercare di superare al più presto la moda di parlarne, anche a quarant'anni di distanza, perchè in fondo non vi sono motivi per ricordare il 68 come un anno diverso dagli altri.

Ecco due video con i frammenti più significativi della presentazione del dottor Veneziani.
Ricordiamo che, per meglio ascoltare il video, è necessario fermare la riproduzione della musica di sottofondo; per farlo, basta scorrere la pagina fino in fondo, dove è collocata la banda di riproduzione, su cui cliccare il pulsante di pausa. In alternativa, cliccate sui seguenti link: 1° FRAMMENTO ; 2° FRAMMENTO.

1° FRAMMENTO



2° FRAMMENTO



domenica 9 novembre 2008

ROVESCIARE IL '68 - MARCELLO VENEZIANI


Con estremo piacere,
l'Associazione Culturale La Barbatella e Lions Club Casteggio-Oltrepò presentano l'incontro con Marcello Veneziani, che, in compagnia di Fabrizio Guerrini, presenterà la sua ultima fatica letteraria.




Rovesciare il '68.
Pensieri contromano su quarant'anni di conformismo di massa

Marcello Veneziani


Mondadori

€ 17,00

Il 68 è al potere e vigila su di noi. L'onda lunga e corrosiva del 68, l'ultima febbre che attraversò le giovani generazioni in Occidente, pervade ancora la nostra epoca.
I rivoluzionari di allora e i loro continuatori sono divenuti la nuova classe dominante nel mondo della cultura e della politica, dei media e dell'istruzione, del sindacato e della magistratura, e primeggiano nel regno del divertimento e della pubblicità. Fallito come rivoluzione politica, il 68 si è mutato in ideologia radical, conformismo di massa e canone di vita. Ha distrutto i valori della tradizione, dell'educazione, della religione, mandando in frantumi scuola e famiglia e lasciandoci in eredità un'ideologia libertina e permissiva sul piano dei valori e dei doveri, dei costumi e dei linguaggi, ma intollerante e repressiva verso chi non si riconosce in quel movimento libertario, nei suoi codici e modelli.
Dopo quarant'anni è ormai tempo di bilanci, revisioni critiche e necessarie inversioni di rotta. Marcello Veneziani ripercorre la multiforme eredità della parabola contestataria e critica le ideologie discendenti con un caleidoscopico e caustico bazar di appunti e frammenti, di foto di gruppo e di istantanee di pensiero. Un viaggio attraverso quattro stagioni: l'autunno del 68, "virus di un'epoca riassunto nella superstizione di una cifra"; l'inverno del nostro scontento, tra le ingombranti rovine lasciate dal ciclone sessantottino, soprattutto nell'ambito dell'educazione e della scuola; la primavera della famiglia distrutta dall'ideologia contestataria; infine l'estate della tradizione, intesa come vera trasgressione futura, capace di ricomporre i frammenti di una narrazione interrotta, di un tessuto civile lacerato, di simboli culturali mozzati.
Un testo negazionista del 68, irriverente verso i nuovi divieti e i nuovi obblighi di leva, che non ha paura di essere troppo rivoluzionario né troppo conservatore.

Insomma, Veneziani getta uno sguardo quarant'anni dopo su quel fenomeno che è diventato il '68, traendone un bilancio, dal momento che quel periodo ha partorito figli e anche nipoti. È salito al potere e diventato conformismo di massa, anzi, sostiene Marcello Veneziani, canone di vita.
Ha creato luoghi comuni e nuovi pregiudizi, codici ideologici, il cui rispetto implacabile è il presupposto unico per poter vivere il proprio tempo: emblema di questa tendenza è il politically correct.
Nel 2008 - ricorda curiosamente l'autore - i sessantottini sono diventati sessantottenni ed è ora di fare i conti con la loro opera e la loro eredità.
Per compiere questo viaggio in un'epoca così particolare e così importante per le ripercussioni sul presente, Veneziani si affida ad un veloce insieme di schizzi e frammenti, di flash e immagini, di foto di gruppo e istantanee di pensiero. Uno zapping animato da un triplice progetto: descrivere in breve il '68; ricordare cosa resta e quali sono le sue rovine oggi spesso ingombranti; capovolgere il '68 attraverso l'uso creativo e trasgressivo della tradizione, quella tradizione che per tanto tempo è stata denigrata e che andava superata.

Solo per darvi un'anteprima, abbiamo scelto alcuni passi, che ci sono parsi interessanti e significativi per ciò che racchiudono: giusto per un assaggio prima della lettura, caldamente consigliata!

La rivoluzione sognata dal 68 non ha rovesciato gli assetti di potere, i rapporti di classe, ma i valori e i costumi.

Il 68 infiammò un'epoca e poi lasciò una nuvola di fumo. Fumo ideologico per una generazione rapita da fumose utopie. Fumo di molotov, micce e P38 per una generazione che scelse la violenza e il partito armato. Fumo di canne e allucinogeni per una generazione che fuggì dalla realtà attraverso la droga. Le tre gioventù fumanti che uscirono dal 68 inseguivano un miraggio comune: il paradiso artificiale a portata di mano.

(...) gli effetti sociali e culturali furono vasti e devastanti: la scuola e l'università, la chiesa e le istituzioni, la famiglia e la borghesia uscirono peggio di come vi erano entrate. Non solo più affaticate e demotivate, ma anche umanamente, culturalmente, eticamente sfiancate, inacidite, peggiorate.

L'egocentrismo generazionale e soggettivo fu l'effetto più profondo del 68.

Il professor Platone, nell'VIII libro della Repubblica dimostra che il 68 non fu nemmeno una novità, ma un vetusto rigurgito anarchico che periodicamente risale dalle viscere della storia.

La società estetica, fondata sul principio del piacere, fu il sogno che percorse il 68, somministrato da Marcuse.

La liberazione sessuale ha coinciso con l'uso commerciale e consumistico e della donna.

Il professore che un tempo godeva di prestigio e autorevolezza è ridotto al rango di colf o animatore. E' sceso nella scala sociale, e costituisce un antimodello, ciò che i ragazzi non vogliono diventare... Altrimenti finisci come lui, a insegnare...

La trasgressione è intesa come la normalità.

La maggior parte degli antifascisti che fecero la Resistenza non volevano la libertà ma un'altra dittatura, comunista o giacobina. Sognavano un totalitarismo più compiuto rispetto a quello fascista, che abolisse proprietà, disuguaglianze, mercato e religione.

(...) Interiorizzazione del pubblico, esternazione dell'intimo. Ciò che è privato si confessa in pubblico, esige pubblico. Con la scusa dei diritti civili, la città entra in casa. Qui ha vinto davvero il 68: il personale è politico.

Lo sfascio famigliare ha prodotto una nuova figura tragica, grottesca e vagabonda: lo sfamiglio, che non è semplicemente un single, ma il profugo e il superstite dall'esplosione che ha colpito al cuore la cellula basilare della società, la famiglia.

La famiglia è il primo stadio di quel passaggio dalla natura alla civiltà; non cancella quel che è in natura, ma gli dà un senso, una norma, un riconoscimento, un'eredità e una prospettiva. (...)

(...) La tradizione trasmette non rimpiange. Esprime continuità, non cordoglio.

Le caste in Italia sono tre e non una soltanto: a quella politica, si aggiunge quella tecno-economica e quella intellettuale, allevata dall'italomarxismo e consacrata dal 68. Un sistema di caste a circuito chiuso, a cui si accede per cooptazione, affiliazione e accettazione del canone.

Né single né sposati, in medio stat virtus. In anulare stat virus.

I veri tradizionalisti amano gli alberi, a cominciare dall'albero genealogico.

Troppe morti per velocità, abusi, sesso, droga, alcol. La vita piace da morire.

La tv ha due facce: fa compagnia a chi è solo, isola chi è in compagnia.

(...) Nobile, contrazione aristocratica di non abile.

Gli ambientalisti crescono con l'inquinamento. Una città sana ha i polmoni verdi intorno e la materia grigia in testa. Qui si è invertito l'ordine cromatico.

La scuola si fonda sulla tradizione. Non c'è scuola se non c'è nulla da trasmettere, da tramandare. La scuola è connessione a una rete verticale di saperi ed esperienze tra generazioni. La sua chiave d'accesso è tra.

L'ipocrisia non è il contrario della verità, ma il suo galateo. L'ipocrisia non è come la menzogna: è il velo dorato sul vivere civile, funge da imene della verità, perchè la tutela, impedisce di violarla o abolirla. La verità attiene all'essenza della vita, l'ipocrisia riguarda le relazioni civili. La cultura discesa dal 68 pensò al contrario: dichiarò guerra all'ipocrisia ma dichiarò morta la verità. Squarciare il velo per non trovare nulla.

lunedì 3 novembre 2008

LA MOSTRA DI CORREGGIO A PARMA


Siete mai stati a Parma? Vi consiglio caldamente di visitarla: una cittadina veramente incantevole, che ti cattura fin dai primi passi che si compiono sulle sue strade.
L'occasione per cui abbiamo visitato Parma è stata la mostra di Correggio (anche questa è imperdibile, avete tempo fino al 25 gennaio 2009): è articolata in quattro sezioni rappresentate da Galleria Nazionale, Camera di S. Paolo, Chiesa di S. Giovanni Evangelista e Cattedrale. Sicuramente i due pezzi forti sono la visita alle cupole della Cattedrale, dove si può ammirare L'Assunzione della Vergine, e della Chiesa di S. Giovanni, con la celebrazione dell'Evangelista.
Nell'Assunzione della Vergine, sono raffigurati gli apostoli appoggiati ad una balaustra ottagonale, sopra la quale si trovano dei fanciulli che bruciano incenso per il funerale della Vergine. Al centro della cupola si assiste all'evento dell’Assunzione della Vergine, ormai giunta ai limiti del Paradiso, quasi spinta da una moltitudine di angeli, Santi e figure appartenenti al Vecchio Testamento. Al centro delle nubi celesti l’Arcangelo Gabriele, o Cristo, aspetta Maria per segnare il suo volo verso il cielo. Sotto al vano della cupola si trovano pennacchi affrescati con i quattro protettori di Parma: San Bernardo, Sant'Ilario, San Giuseppe, che da molti è indicato come San Tommaso, e San Giovanni Evangelista, mentre negli estremi inferiori dei sottarchi vi sono sei figure giovanili affrescate in chiaroscuro, che portano festoni semplici e sottili da appendere al tempio per festeggiare il grande avvenimento.

In S. Giovanni, invece, Correggio esegue l'affresco della cupola come sua prima opera nello stesso edificio. Lo schema iconografico pare alludere a un'Ascensione del Redentore, ma a ben guardar il moto di Cristo, reso evidente dallo svolazzo dei panneggi, è discendente e non ascensionale, mentre la figura di San Giovanni è quasi nascosta, stesa sul cornicione della cupola, al di sotto del cerchio degli apostoli. Nei pennacchi sono rappresentati i Padri della Chiesa accoppiati agli Evangelisti. Nei sottarchi Correggio dipinse figure monocrome di eroi biblici, mentre decorò a grottesche i semipilastri sottostanti.

Nella Galleria Nazionale sicuramente degno di nota è il "Compianto sul Cristo morto", sempre del Correggio, opera di somma perizia, in cui traspare tutta la sofferenza del momento raffigurato: il dolore del supplizio, lo svenimento, l'urlo, la disperazione.

Al termine della visita, un bel giro nel centro di Parma: da Piazza Duomo a Piazza Garibaldi, passando per Piazza della Steccata con la splendida chiesa di S. Maria della Steccata. Per non parlare delle quattro vie principali che si incontrano nella piazza Garibaldi: strada Cavour, strada Farini, Strada della Repubblica e Via Mazzini.
Un'amenità è rappresentata dal Palazzo Ducale, immerso nel Parco Ducale: una grande area verde, dove si può passeggiare o contemplare la natura del parco, potendo estraniarsi dalla realtà cittadina.

Accanto al profilo artistico, Parma vanta una tradizione enogastronomica: basti pensare al Parmigiano Reggiano, al Prosciutto di Parma, al Culatello di Zibello, ai tortelli alle erbe, alla torta fritta e via dicendo...Specialità da leccarsi i baffi!






Per info:



Aldo Bonaventura