mercoledì 23 dicembre 2009

VIDEO DEL CONCERTO GOSPEL

Ecco gli scatti della serata di domenica 13 dicembre, nel corso della quale il Joy Singers Choir si è esibito nella Chiesa di S. Pietro Martire di Casteggio.

Cogliamo questa occasione per augurare a tutti voi un sereno e gioioso Natale!



domenica 20 dicembre 2009

VIDEO DELLA SERATA DANTESCA

Dopo qualche settimana di lavoro, qui sotto potrete gustarvi un video con un assaggio della serata dedicata alla lettura e al commento del XXVI canto dell'Inferno, tenutasi in novembre presso la Certosa Cantù di Casteggio, in collaborazione con la Società Dante Alighieri di Pavia.


lunedì 14 dicembre 2009

SUCCESSO PER IL JOY SINGERS CHOIR


E' stata veramente una serata speciale quella di ieri sera nella Chiesa del Pistornile a Casteggio: il concerto del Joy Singers Choir ha animato la chiesa per due ore, cariche di energia e allegria; la musica trascinante e il carisma del coro sono stati molto coinvolgenti, la gente si è divertita a battere le mani a tempo di musica o a canticchiare il motivetto delle canzoni più note. Tanti complimenti al coro composto da cantanti non professionisti che per passione si divertono: una performance di alto livello artistico. Complimenti vivissimi! Congratulazioni anche alla formazione strumentale, con Gege Picollo alla chitarra, Manuel Favaro al basso, Cristiano Tibaldi al sax, Mauro Pigazzi alla batteria e il grandissimo Maestro Andrea Girbaudo al piano e alle tastiere. Bravi anche a voi!
Vi ricordiamo l'ultimo prodotto discografico del Joy Singers Choir, Moving Forward, che si può acquistare direttamente sul sito ufficiale. Dal vivo chiaramente risalta di più la parte spettacolare della musica che cantano, ma vi assicuro che queste tredici canzoni vi danno un saggio fedele della potenza che sono in grado di sprigionare nei loro spettacoli. Ne vale la pena!
Qui sotto trovate una rassegna di scatti fotografici immortalati durante la serata.



giovedì 10 dicembre 2009

CONCERTO GOSPEL IN ARRIVO


L'Associazione Culturale La Barbatella ha deciso quest'anno di augurare i migliori auguri di buon Natale con un concerto gospel: con le note del Joy Singers Choir, domenica 13 dicembre si potrà trascorrere una serata all'insegna della buona musica, in attesa delle imminenti festività natalizie.
Il Joy Singers Choir nasce nel 1997 da un’idea dei responsabili del Circolo Amici della Musica Prof. P. Piacentini di Valenza. Attualmente il coro è costituito da un gruppo di circa 40 appassionati non professionisti, suddivisi tra soprani, contralti, tenori e bassi, accompagnati da una formazione strumentale composta da piano e tastiere, chitarra, sax, basso, percussioni e lead voice. I concerti sono ispirati alla musica nera afro-americana, contaminata da altri generi: spiritual, contemporary gospel, funky e suol, jazz moderno e pop.
A guidare la formazione è il Maestro Andrea Girbaudo, responsabile dell'originalità degli arrangiamenti, mentre la tecnica vocale è seguita dalla Prof.ssa Silvia Benzi; la direzione di Claùdiu Paduraru assicura uniformità, ritmo e precisione esecutiva.


Si legge nella biografia del Joy Singers Choir, rintracciabile sul sito:
Ogni concerto o esibizione, indipendentemente dal rilievo pubblico o dalla natura dell'evento in cui è inserito, rappresenta per il coro l'opportunità di vivere nuove emozioni e di condividerle con chi ascolta, oltre a rappresentare lo stimolo per migliorare qualità e livello tecnico, anche grazie ai professionisti della musica che collaborano con la nostra formazione.
Il JSC è sempre teso ad esplorare nuove dimensioni di espressione ed a raggiungere maggiore maturità e qualità interpretativa, per rendere sempre più efficaci, coinvolgenti ed emozionanti le occasioni di incontro con chi ama questo genere musicale o con chi, per la prima volta, si trovasse ad ascoltarlo.

domenica 6 dicembre 2009

VOCI SOTTO L'ALBERO


Con le note del Joy Singers Choir,
desideriamo augurarvi un sereno Natale.
Vi aspettiamo numerosi!

domenica 22 novembre 2009

FOTO DELLA SERATA DANTESCA


Qui sotto vi mostriamo alcune foto della serata della lettura dantesca. A breve sarà pronto un estratto video.

Grazie a tutti quanti sono intervenuti!


sabato 14 novembre 2009

SERATA DANTESCA IN CERTOSA


Vi aspettiamo numerosi questa sera presso la Certosa Cantù alle ore 21 per assistere alla lettura dantesca del XXVI canto dell'Inferno.
Il ricavato della serata verrà devoluto a Telethon.

Insomma, una serata tra letteratura
e aiuto alla ricerca!

mercoledì 11 novembre 2009

QUALCHE INFORMAZIONE SUL CANTO DI ULISSE

Il canto XXVI dell'Inferno, più noto come il Canto di Ulisse, vede i due pellegrini, Dante e Virgilio, nell’ottava bolgia, laddove si trovano i consiglieri fraudolenti, i quali, come pena, vagano avvolti da una fiamma appuntita a forma di lingua. Il contrappasso si può così sintetizzare: così come in vita suscitarono coi loro consigli liti e sventure, così ora sono avvolti in una fiamma e, poichè turbarono la pace e il riposo altrui, vanno vagando per la bolgia senza riposo.
Il canto può essere diviso in quattro momenti importanti.
Il primo coincide con l'invettiva di Dante nei confronti della sua Firenze. "Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande...": così esordisce il poeta, esortando la città, con amara ironia, a rallegrarsi per la sua grandezza, visto che il suo nome si diffonde per mare e per terra e perfino all'Inferno; in più le predice prossime sventure che verranno da Prato e da altre città, augurandosi con dolore di vederle quanto prima compiute.
Nel secondo, Dante e Virgilio, risalendo una parete rocciosa, giungono in un punto da cui possono scorgere il fondo dell'ottava bolgia, nella quale si trovano i consiglieri fraudolenti. Il poeta fiorentino, vedendoli, ripensa che essi hanno fatto "pessimo uso del loro ingegno" e perciò è indotto a tenere a freno più del solito il suo ingegno, "largitogli dalle stelle e dalla Grazia divina", affinchè sia sempre guidato dalla virtù e non ne rimanga privo per colpa propria. Nel fondo della bolgia si aggirano molte fiammelle, ciascuna delle quali nasconde alla vista il peccatore condannato.
Quindi, nel terzo momento, sono le figure di Ulisse e Diomede a dominare il quadro. Dante, tra tutte le fiamme, ne scorge una con due punte e chiede a Virgilio, stranito, chi è punito lì dentro. Il Maestro risponde che vi stanno Ulisse e Diomede, che "subiscono insieme la vendetta di Dio, così come in vita ne affrontarono insieme l'ira, espiando l'insidia del cavallo di legno" usato per espugnare Troia, l'artificio con cui Achille è stato strappato all'amata Deidamia e il rapimento del Palladio. Dante, incuriosito, vuol parlare ai due spiriti, ma Virgilio lo invita ad astenersi e di lasciarlo parlare, perchè essi, essendo greci, non si degnerebbero di rispondergli, appartenendo ad un'altra civiltà.
Il quarto momento del canto è occupato dal racconto dell'ultimo viaggio e della fine di Ulisse. Virgilio, non appena la fiamma si avvicina, invita le anime, in nome dei versi ad essi dedicati nell'Eneide, a non muoversi e chiede a Ulisse di narrare della sua morte. Dopo la sosta presso la maga Circe, nè l'affetto per il figlio, nè la pietà per il vecchio padre, nè l'amore per la moglie Penelope hanno potuto trattenerlo dal desiderio incontenibile di esplorare il Mediterraneo occidentale fino alle colonne d’Ercole, limite del mondo conoscibile che l'uomo non dovrebbe oltrepassare. Qui giunto, si rivolge ai fedeli compagni per invitarli a seguirlo, ricordando loro "l'alta missione dell'uomo sulla terra, che è quella di praticare la virtù e di apprendere la scienza". Il discorso infiamma a tal punto i membri dell’equipaggio che i remi parvero trasformarsi in ali e la nave volare sulla superficie dell’oceano inesplorato. Cinque mesi dopo il passaggio attraverso lo stretto di Gibilterra, una montagna altissima appare all’orizzonte: la gioia per questa visione si tramuta in dolore perchè da quella terra si scatena un turbine, che gira la nave per tre volte nel vortice delle onde; l'imbarcazione si inabissa nel mare, il quale poi si chiude sopra di essa.

mercoledì 4 novembre 2009

ELETTO IL NUOVO PRESIDENTE

Dopo le dimissioni di Lorenzo Vigo avvenute lo scorso agosto e il periodo di reggenza di Alberto Bosoni, l’Associazione Culturale La Barbatella ha eletto all'unanimità il suo nuovo presidente nella persona di Elisabetta Officio.

L'associazione, pertanto, va incontro ad un naturale ricambio che funzionerà da germoglio per nuove esperienze. Nei primi due anni di vita, essa ha mostrato di amare la cultura a tutto tondo e di riuscire a coinvolgere i concittadini casteggiani nelle sue iniziative, sempre molto seguite e apprezzate. Vari sono stati gli eventi di punta: il concerto bandistico di Natale, organizzato con la Croce Rossa di Casteggio al fine di devolvere le offerte per l'acquisto di una nuova autoambulanza; il Requiem di Mozart che ha incantato tutta la Chiesa del Pistornile: un evento di grandi dimensioni, con protagonisti di tutto rispetto, per il quale i presenti hanno mostrato moltissimo interesse; l'incontro con Marcello Veneziani, giunto a Casteggio per presentare il suo libro sul '68: una conversazione - quella tra Veneziani e Guerrini - che ha appassionato il pubblico in sala e lo ha coinvolto direttamente nella discussione.
Oltre all'elezione del presidente nella persona di Elisabetta Officio, ecco le altre cariche in cui la quota rosa certamente non manca: Francesca Casarini e Alberto Bosoni, vicepresidenti; Ilaria Chiapparoli, segretaria; Carlo Piccinini, tesoriere; Aldo Bonaventura, addetto stampa.


Il presidente dimissionario, Lorenzo Vigo, ricorda con enorme piacere il periodo della sua presidenza:

E' stata un'esperienza unica, possibile solo grazie ad un grande gruppo. Oggi siamo una realtà e sono sicuro di lasciare il progetto in buone mani che continueranno su questa strada.

La neoeletta Elisabetta Officio, orgogliosa di questa dimostrazione di fiducia e di stima che i soci le hanno tributato, ha affermato che si impegnerà a svolgere al meglio il suo lavoro, seguendo la scia del predecessore.

Credo che la forza di questa associazione stia nel gruppo e nell’armonia che lo anima. Siamo tutte persone con molta voglia di fare per la nostra città e se ciò che verrà da noi offerto piacerà al pubblico e soprattutto ai nostri concittadini, sarà solo grazie al lavoro svolto da tutti coloro che con tanto entusiasmo sono il motore de La Barbatella.

Entrambi hanno posto l'accento sul fattore "gruppo", il quale è stato il vero valore aggiunto dell'associazione: una comunione di persone legate non solo dall'amore per la propria terra d'origine, ma da sincera amicizia e grande stima personale. Ed è anche per questi motivi che l'obiettivo del gruppo che compone "La Barbatella" continuerà a rimanere il medesimo per il quale è nato: rendere la cultura in tutte le sue forme facilmente fruibile, renderla un'occasione di incontro e di crescita per la popolazione, renderla un mezzo di valorizzazione per Casteggio e del suo territorio.


giovedì 17 settembre 2009

MUSICA FLAMENCA A CASTEGGIO


Il Festival Ultrapadum è fin dal 1993 una delle più importanti rassegne musicali della Provincia di Pavia. Si tratta di una rassegna itinerante, in oltre 40 comuni, allestita dalla Società dell'Accademia di Voghera, con il patrocinio di Regione Lombardia e della Provincia di Pavia.

"L’ambizione degli organizzatori, che di anno in anno si è rivelata decisamente vincente, è quella di coniugare la musica con le notevoli potenzialità ambientali e culturali dell’Oltrepò Pavese. La forza del Festival sta nello sfruttare questo binomio per creare quel valore aggiunto, l’atmosfera, che rende un momento unico e irripetibile. Avvicinare la gente alla musica, dunque."

Siamo così lieti di invitarvi

domenica 20 Settembre 2009, alle ore 21,15, al concerto

“La Spagna e Garçia Lorca”

Quartetto di musica flamenca

presso l'Auditorium Certosa Cantù di Casteggio.

lunedì 31 agosto 2009

FESTIVAL DEI SAPERI 2009


Anche quest'anno, come d'abitudine al principio di settembre, Pavia ospita una rassegna culturale che ogni anno porta in città importanti personaggi: il Festival dei Saperi, giunto alla 4^ edizione, si tiene dal 10 al 13 settembre 2009. Il tema di quest'anno è L'uomo e la terra: il primo dialogo.

Cogliamo l'occasione per invitarvi a seguire alcuni appuntamenti.
  • Homo viator. Scoperta e preso di possesso dello spazio territoriale negli itinerari medievali di pellegrinaggio. Lectio magistralis di Franco Cardini. Piazza della Vittoria, giovedì 10 settembre, ore 18,30.
  • La mafia e il suo territorio. Conversazione con Giancarlo Caselli e Adolfo Sabella, modera Vittorio Grevi. Università degli Studi di Pavia, Cortile delle Statue, giovedì 10 settembre, ore 21,00.
  • Lessico civile: Immigrazione. Gianpaolo Calchi Novati. Università degli Studi di Pavia, Cortile dei Caduti, sabato 12 settembre, ore 12,00.
  • Lessico delle scienze: Nuovi farmaci per la lotta alla tubercolosi. Giovanni Riccardi. Sala conferenze del Broletto, sabato 12 settembre, ore 16,00.
  • Terra, un pianeta fortemente sismico. Lectio magistralis di Enzo Boschi. Università degli Studi di Pavia, Aula Magna, sabato 12 settembre, ore 18,00.
  • Lessico civile: Convivenza democratica. Salvatore Veca. Università degli Studi di Pavia, Cortile dei Caduti, domenica 13 settembre, ore 12,00.
  • Lessico delle scienze: Ingegneria delle proteine. Ermanno Gherardi. Sala conferenze del Broletto, domenica 13 settembre, ore 16.
  • Lessico delle scienze: Terremoti e grandi opere. Michele Calvi. Sala conferenze del Broletto, domenica 13 settembre, ore 17.
  • Ron in concerto. Piazza della Vittoria, domenica 13 settembre, ore 20,30.
  • Lampi di genio. Omaggio pirotecnico al Ticino. Lungoticino (zona Ticinello), domenica 13 settembre, ore 22,30.

Per maggiori informazioni:

mercoledì 12 agosto 2009

MAIRANO OSPITA VIVALDI


presentazione concerto IN RICORDO...


Giunta è la primavera e festosetti la salutan gl'augei....è l'incipit del sonetto che venerdì sera, 14 agosto ore 21.15, introdurrà una serata speciale sulle colline casteggiane.
L'associazione Amici di Mairano insieme con La Barbatella, in occasione della tradizionale festa patronale di metà agosto che celebra la frazione di Mairano, presenteranno un appuntamento musicale di grande spessore. I Maestri Torciani e la loro orchestra d'archi faranno rivivere le emozioni e i profumi de "Le Quattro Stagioni", capolavoro di Antonio Vivaldi.
"il concerto è intitolato In Ricordo... - spiega Don Pino Mazza, presidente degli Amici di Mairano - perchè vuole essere si un momento di musica, ma anche e soprattutto di raccoglimento per la comunità di Mairano per salutare amici e soci che nell'ultimo anno ci hanno lasciato."
La serata è frutto della collaborazione degli Amici di Mairano con La Barbatella, presieduta da Lorenzo Vigo: "Siamo felicissimi che gli amici ci abbiano chiesto di collaborare con loro a questo Ricordo, sintomo della stima reciproca fra le associazioni e di come il tessuto socio-culturale di Casteggio sia propositivo e produttivo."

Venerdì 14 Agosto, ore 21,15 presso la piazzetta

della chiesa di Mairano.


VI ASPETTIAMO NUMEROSI!!!!!!


venerdì 1 maggio 2009

MARCELLO VENEZIANI E IL SUD


Sud
Un viaggio civile e sentimental
e

Marcello Veneziani

Mondadori


€ 17,50


DAL MOMENTO CHE ABBIAMO AVUTO IL PIACERE DI AVERLO COME OSPITE, CI SEMBRA GIUSTO RICORDARE L'ULTIMA FATICA LETTERARIA DI MARCELLO VENEZIANI: UN RACCONTO DEL SUD, FRIZZANTE E ROMANTICO.

Marcello Veneziani ritorna alle origini. Ritorna alla sua terra natale, in quella Puglia che accoglie Bisceglie (dove è nato e cresciuto) e più in generale in quel Sud, al giorno d’oggi sempre più bistrattato e sempre più agli onori della cronaca per fatti di cui certo non vantarsi. Ma Veneziani, invece, come si vede anche nel sottotitolo, fa “un viaggio civile e sentimentale”, racconta il Sud “come un mito vivente”.
Sta in queste e in altre parole la spiegazione del perché egli abbia scritto un libro che parla del Sud: si tratta di “un elogio dell’arretratezza”? O di un “un tardivo amore di coccodrillo per le origini tradite”? Ha considerato che “al Sud si legge poco” e che “difendere il Sud è una battaglia di retroguardia”? No, dice l’autore, “non è così o forse è così come dite voi, ma tutto quel che dite in blocco, senza escludere niente…”

Il viaggio, non solo letterario, parte dal punto estremo, Capo Leuca (chiunque non vi sia ancora stato è caldamente invitato a recarvisi, pena la perdita della vista di un posto veramente ameno, con annesso giro in Salento, per rimanerne estasiato, ndr), in un pomeriggio estivo, in cui “un solleone maestoso” e una canicola infernale non danno tregua né permettono di trovare refrigerio. E si snoda per mille strade e mille pensieri, con un ritmo incalzante e piacevole e un’atmosfera ricreata ad arte, che, ad un certo punto, sposta il lettore direttamente sul luogo del racconto. “Risalendo lungo la balconata pugliese”, Veneziani tratteggia la Puglia: “una specie di Padania del Sud, una congettura”, “un condominio di province, repubbliche o principati”. Ricorda così le tradizioni inventate nel corso del Novecento, come la devozione per Padre Pio a San Giovanni Rotondo, la Fiera del Levante a Bari, i festival di “pizzica e taranta” come quello di Melpignano. O le figure importanti, almeno tre: Peppino Di Vittorio, “capo storico della Cgil”, Araldo di Crollalanza, ministro dei Lavori pubblici durante il fascismo, “che fece moltissimo per il Sud arretrato e terremotato, e soprattutto per la sua Bari” e Padre Pio “che espresse l’anima antica del devoto Sud”. Oltre a Gaetano Salvemini, Aldo Moro, don Pasquale Uva. E come dimenticare Pinuccio Tatarella, “il Peròn di Cerignola”. Senza tralasciare la Sacra Corona Unita che “non ha attecchito del tutto in Puglia” e la Striscia di Andria, “organizzazione malavitosa del dopoguerra che saccheggiava i treni”. Veneziani si scaglia poi contro “Cafon Valley”, “un animato sobborgo dell’estate (…) fondato sulla vistosità e sul rumore”, l’emblema del cattivo gusto e della sguaiatezza, il mezzo più utile per far male alla Puglia e al Sud in genere (perché, girando il Sud, si incontrano tante Cafon Valley). Una menzione speciale per la cucina pugliese, che nasce da “ricchezza e povertà”.

Il viaggio continua in “Entroter
ronia, sprofondo Sud”, dove in una sola giornata si può assistere a tutti i mali del Sud. Come? Rimanendo bloccati in autostrada a causa del rovesciamento di un’autocisterna tra Caianello e Caserta. Il Sud isolato dal mondo, fuori da ogni via di comunicazione. E il problema delle autostrade al Sud, e dei collegamenti in generale, è questione annosa e decennale: tanto che – dice Veneziani – “Cristo si è fermato a Eboli per non imboccare la Salerno-Reggio Calabria”. Perché, se il Sud è “discretamente collegato con il Nord o con il centro”, invece “è disastrosamente scollegato da se stesso”. Vogliamo parlare, poi, del terremoto? Ormai, al Sud, il terremotato è un mestiere. Come ha dimostrato l'articolo di Stella sul Corsera di qualche giorno fa, c’è chi campa sul terremoto: non solo cittadini, ma politici e amministratori locali si spartiscono e, pertanto cercano di allargare il più possibile, la torta dei terremotati.
Veneziani viene poi a tracciare i
ritratti, antropologicamente pungenti, di Clemente Mastella e Antonio Di Pietro, “dioscuri del profondo Sud, quello dell’entroterra”, “i Romolo e Remo dell’Interno Sud, fratelli coltelli a volte con ruoli invertiti”.

Si scende poi in “Calabria Saudita”, dove, nonostante l’aspetto squallido ed aspro del paesaggio, in realtà si incontra “l’ospitalità radicale dei calabresi” e i “segni persistenti della matrice ellenica”. La Calabria è anche la terra che ha visto morire Gioacchino Murat, “l’unico re giacobino che la storia ricordi”, che aveva regnato a Napoli e aveva beneficiato e valorizzato Bari, sebbene trovò la morte a Pizzo Calabro nel corso di un’”esecuzione tormentata”.
Che rapporto ha il Sud con il denaro?, si chiede Veneziani. Al Sud, a giocare un ruolo ancora molto im
portante, è il contante, dal momento che “le carte di credito non hanno sfondato”. E poi non dimentichiamo il valore della provvista d’olio, di un terreno o di una casa di proprietà: è ancora importante il “rapporto fondato sul baratto, sul dono e la riconoscenza”.

Oltrepassando lo Stretto, si sbarca in Sicilia, “un cannolo puntato sul continente”. Veneziani è assolutamente convinto che, essendo la Sicilia “un mondo a sé, per natura e cultura, indole e storia”, è un bene per entrambi, Sicilia e continente, se gli stessi rimangono separati. Quindi parla di mafia, che fa affari col potere, “si piazza al crocevia tra ricchezza e povertà, speculando su ambedue”; ma qual è la sua matrice psicologica? “Il mammismo meridionale è la placenta della mafia”, per quella “vocazione meridionale e mediterranea a infrangere il codice paterno e a riconoscersi nel principio materno del clan”. Interessante il passo riguardante la violenza in quanto l’autore si chiede se effettivamente essa sia un tratto distintivo del Sud in genere. E risponde ricordando che in questo “imbarbarimento” ha pesato molto “la crescita della ricchezza senza la parallela crescita della civiltà”, “il dislivello tra la tecnica in espansione e la cultura in ritirata”, la “perdita della tradizione”.
Come poter sorvolare sul “paradigma meridionale, nazionale e forse mondiale del personale inutile e sovrabbondante, iperpagato e ipoimpegnato” che è la regione Sicilia? In questo contesto la raccomandazione “distorce il principio della responsabilità individuale” e il merito è alieno. Particolarmente simpatico il passo su Cenzino Benaccolta, colui che aveva mandato “al suo caro compagno di scuola Totò Cuffaro” un vassoio di cannoli per festeggiare la condanna a cinque anni.

Risalendo dalla Sicilia, si arriva a “Napule, caput mundezzi” per fare un viaggio nel “voluttuoso declino di una capitale svogliata”. Il cui degrado è iniziato dopo il 1980 con la conseguente “gestione infame”. Facendo apparire la città come la
capitale degli scippi, dei furti, dell’immondizia, del potere mal gestito, dell’inganno sempre e comunque. “Il tutto è bagnato nell’indolenza, nell’accidia e in un falso fatalismo ai danni del prossimo.
Due pagine sono dedicate a Roberto Saviano, “vittima annunciata e spettacolarizzata della camorra, da lui sfottuta in modo così plateale”. Viene lodata la sua opera e un po’ criticata la sua decisione di far sapere di voler lasciare l’Italia. Ciò che Veneziani non condivide in assoluto è stata la scelta di mandare Gomorra ad Hollywood a rappresentare l’Italia, riducendo l’immagine del nostro Paese a sola camorra, “un’immagine vera ma unilaterale e miserabile”.
Altrettanto caustico è il ritratto di Mario Merola, non tanto rivolto alla persona, quanto al mondo di valori che ha impersonato: ad un suo spettacolo teatrale, accanto al “patriottismo popolano”, con annessi folclore e sentimenti veri, si poteva fare “un censimento della malavita locale e dell’indice di consenso all’illegalità”. Triste è stato vedere le più alte cariche dello Stato ad “omaggiare Merola in piena bufera di malavita”.
Il capitolo si conclude nella speranza di un “camorrismo inverso”, cioè di quell’insieme di “reti di comparaggio solidale e clan buonavitosi”, che possano far cambiare l’immagine triste e criminosa c
he generalmente è attribuita a Napoli.

Come avete potuto apprezzare, il viaggio di Veneziani è un viaggio nelle viscere, nell'anima del Sud, un viaggio alla riscoperta del Sud più vero e genuino. Verrebbe quasi da dire, giunti al termine del libro, che tutto il Sud è paese, tali e tanti sono i tratti distintivi che segnano le peculiarità di una terra, che ha visto nascere la civiltà moderna ed è stata culla e vittima delle dominazioni di varie popolazioni. La quale tuttavia oggi soffre della cattiva immagine attribuitale, non certo casualmente: si parla di questione meridionale, termine che Veneziani stesso aborrisce perchè è diventato ormai un semplice velo, dietro il quale nascondere quel mix di accidia, indifferenza ed indolenza che tanto male hanno fatto e fanno tuttora al Sud.
Un libro, in definitiva, che non vuole nè idealizzare il Sud nè tanto meno non ricordare le amenità che da sempre ne hanno fatto una terra fertile sotto tutti i punti di vista.


venerdì 3 aprile 2009

MARCELLO PERA ALL'UNIVERSITA' DI PAVIA

Giovedì 2 aprile 2009, nella splendida cornice del Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria di Pavia, ho seguito la presentazione del libro "Perchè dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l'Europa, l'etica" di Marcello Pera, edito da Mondadori nel 2008. Sono intervenuti nel corso della presentazione anche Luigi Zanzi e Luigi Vittorio Majocchi, entrambi docenti presso l'Università degli Studi di Pavia.


Certamente tutti ricorderanno Marcello Pera nelle vesti di presidente del Senato della Repubblica tra il 2001 e il 2006. Ma egli è prima di tutto un grande studioso di filosofia della scienza, sui cui temi ha prodotto numerosi saggi. Dopo il 2000, ha dedicato diversi articoli e saggi al rapporto fra la cultura storica europea e il cattolicesimo. Sicuramente degni di nota sono "Senza radici", scritto assieme all'allora cardinale Ratzinger, e "Perchè dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l'Europa, l'etica".

L'esordio della presentazione è incentrato sul titolo, di cui Pera tiene moltissimo a precisare il senso: innanzitutto "non è un libro autobiografico", che vuole parlare del rapporto che l'autore ha con la religione; nè è un libro "apologetico del Cristianesimo". Semplicemente è un libro di "filosofia politica, morale e dell'attualità". Scritto "aprendo la finestra": cioè non basandosi su luoghi comuni oppure sentito-dire oppure critiche di tesi portate da altri filosofi; ma ascoltando effettivamente ciò che la gente dice, percepisce, lascia intendere.
E cosa si coglie? Una profonda "crisi di carattere morale e spirituale, di identità", una grandissima difficoltà a definire chi siamo noi in Italia e in Europa. Spesso, soprattutto negli ultimi decenni, non ci siamo posti questa domanda a causa della difficoltà della risposta. Oppure siamo stati messi dinanzi all'evidenza in modo drammatico: basti pensare al terrorismo islamico, ai problemi di integrazione con gli stranieri, alle questioni etiche al vaglio in Parlamento.
Come mai si è giunti fin qui? - si chiede Marcello Pera. La risposta è abbastanza semplice. C'è stata una profonda crisi del liberalismo e della democrazia, dottrine da sempre basate su solidi fondamenti. E pertanto, venendo a mancare solide basi, si è passati "dall'universalismo al relativismo", ossia quella posizione filosofica che nega l'esistenza di verità o mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva.
E l'esempio di questa crisi è, secondo Pera, ben rappresentato dalla "parabola dell'Europa". Tutto è iniziato con il disegno post-bellico dei tre padri fondatori Adenauer, Schumann e De Gasperi di "costruire un'identità politica, un'unione politica di Stati intorno all'identità cristiana". Mentre questo non è stato. Si è proceduto per trattati tra Stati autonomi sovrani, lasciando intatte le carte costituzionali dei singoli membri. Quando, però, si è cercato di passare dall'"aggregazione di Stati", come era quella configurata dai trattati, al "sovrastato o sovranazione europei" attraverso la Costituzione europea, il progetto è naufragato e si è tornati indietro ai trattati. Chiaramente, le ripercussioni di una scelta del genere sono evidenti a tutti: la forza, in qualsiasi ambito, viene attribuita ad un solo soggetto, non ad un insieme di soggetti, ciascuno dei quali parla con la propria voce. Veniamo spesso rimproverati così: "l'Europa non parla con una voce sola": semplicemente perchè l'Europa non è un soggetto unitario politico.
Pera si sofferma ampiamente sul principale motivo di fallimento della Costituzione europea. Spiega come "non si trattava di menzionare il Dio cristiano". La proposta era quella di inserire un "preambolo, unica occasione tra tutte le Costituzioni europee", nel quale illustrare perchè gli Stati si univano e mettevano a punto gli articoli della Costituzione. Lo scontro aspro è stato sull'inserimento, nel preambolo, del richiamo alle radici cristiane: dai sostenitori era ritenuto opportuno e dovuto, dato che "la storia europea è stata tenuta a battesimo da Pietro e Paolo", dovunque ci giriamo c'è un segno cristiano come nell'arte, nella cultura, nella musica: insomma, pur senza rendercene conto, il substrato della nostra cultura è cristiano. I detrattori, invece, avevano chiesto di inserire qualsiasi altro richiamo: all'Umanesimo, all'Illuminismo, al socialismo, ecc.
Un ruolo importante in questa diatriba è stato giocato dal relativismo, secondo il senatore Pera. Non è stato possibile inserire il richiamo alle radici cristiane per evitare di "urtare i molti immigrati islamici" oppure per non rendere difficile l'ingresso della Turchia in Europa". Il relativismo si è tradotto, in politica, in "multiculturalismo": un crogiolo di culture, tutte aggregate tra loro, ma nessuna superiore alle altre, nessuna con un peso maggiore. Tuttavia gli effetti nefasti del multiculturalismo sono sotto gli occhi di tutti: aver voluto concedere agli immigrati gli stessi diritti degli Europei e il mantenimento delle loro culture ha portato a inevitabili scontri, come ricordiamo tutti in Francia, Inghilterra e Olanda, Paesi che, pure prima di altri, hanno dato libero corso al multiculturalismo.
L'ultimo aspetto toccato dall'autore riguarda l'etica pubblica: egli fa notare come la rivoluzione liberale, da Locke a Kant per arrivare alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ha proclamato l'esistenza di alcuni diritti fondamentali inviolabili. I quali, però, sono stati vittime - anch'essi - dell'ondata relativistica e pertanto messi in discussione perchè (e qui ritorna la tesi precedente) si è avuto una "crisi dei fondamenti".

In fin dei conti, dice Pera, "se ti dici cristiano recuperi un'identità" che potrà essere molto utile in futuro e "metti un freno alla deriva dell'etica pubblica". Si prende, quindi, coscieza di chi siamo, dove viviamo e con chi ci confrontiamo in maniera più forte e convinta, arma importantissima nel mondo globale e multiculturale in cui ci troviamo a vivere ogni giorno.

Aldo Bonaventura

venerdì 6 febbraio 2009

VAN GOGH A BRESCIA

Vincent van Gogh non ha certo bisogno di presentazioni. Le sue tele, i suoi colori, il colpo pesante del suo pennello, i girasoli sono immagini ben impresse nella nostra mente e fanno parte della conoscenza artistica media di ognuno.
Pittore olandese, vissuto tra il 1853 e il 1890, van Gogh può essere considerato il trait d’union tra Impressionismo ed Espressionismo, attraversando il primo e ponendo le basi per la nascita del secondo. Viaggia molto nella sua vita tra Olanda e Francia, dove viene a contatto con l’arte di Millet e Daumier, suoi riferimenti artistici principali, con le forme di Rembrandt e i colori di Rubens fino all’incontro e alla collaborazione con Gauguin. La crescita e l’evoluzione artistico-pittorica di van Gogh sono a dir poco singolari e sono protagoniste della mostra a lui dedicata presso il convento di S. Giulia a Brescia. Un percorso cronologico attraverso il mondo e l’arte del pittore olandese, la possibilità di capire, tramite le sue opere, la sua formazione pittorica. Più di cento capolavori tra disegni e tele provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo (Olanda) raccontano l’ anima più intima dell’autore, la sua crescente passione per l’arte, la sua vita da nomade, il rapporto con il fratello Théo. Inizia a dipingere a 27 anni van Gogh, inizia a studiare e riprodurre scene di vita contadina, zappatori, lavoratori. Il suo mondo, semplice e povero, diventa il suo bellissimo modello. E’ un pittore sociale, rappresenta la fatica e la sofferenza della sua gente cercando di dare forma ai loro visi e alle loro emozioni…

”Un contadino è più vero coi suoi abiti di fustagno tra i campi, che quando va a Messa la domenica con una sorta di abito da società. Analogamente ritengo sia errato dare a un quadro di contadini una sorta di superficie liscia e convenzionale. Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti – va bene, non è malsano; se una stalla sa di concime – va bene, è giusto che tale sia l'odore di stalla; se un campo sa di grano maturo, patate, guano o concime – va benone, soprattutto per gente di città”.

Il tratto dei primi disegni è incerto, la figura poco definita racconta gesti,
espressioni. Ma è una figura generalizzata e spesso caratterizzata da coppie di altre opere. Van Gogh in breve tempo prende sempre più consapevolezza dei suoi mezzi, studia le forme e la tecnica, sperimenta matite, carboncino, acquerelli. I soggetti cominciano a diventare personali come personale comincia ad essere lo stile, il tratto, brutale e vigoroso. Disegna paesaggi e persone, suoi compaesani, la lavanderia che vede dalla finestra, vedute della città. Lo zio, mercante d’arte, compra i suoi lavori e gli fa le prime commissioni. Fondamentale nella vita e nell’arte di van Gogh fu il rapporto con il fratello Théo con cui intrattenne un rapporto epistolare per tutta la vita nel quale l’autore stesso racconta i suoi lavori e i suoi tormenti, le difficoltà economiche, le idee: è la possibilità di vedere come il pittore viveva e soffriva nel suo mondo, come trasformasse in linea e colore una verità tutta sua regalandola a noi sotto forma di emozione. Piccole deviazioni dalla realtà, le rughe come solchi ma tanto profonde quanto vere nel raccontare il volto del vecchio marinaio, le mani rovinate. Butta il colore sulla tela, la pennellata grossa, ruvida, maestosa all’impatto: nulla è da immaginare o interpretare perché la verita che van Gogh mette nei suoi lavori è la verità vera. Giù giù fra i mile disegni e gli studi si arriva alla sala dedicata all’arte compiuta del maestro: un autoritratto, i cipressi, il giardino dell’ospedale, gli ulivi. Alcuni tra i suoi più grandi capolavori lì a testimoniare cosa era diventata la pennellata incerta degli anni addietro, come era cambiata la linea, il colore…

“So benissimo che la tela ha dei difetti ma, rendendomi conto che le teste che dipingo adesso sono sempre più vigorose, oso affermare che "I mangiatori di patate", insieme con le tele che dipingerò in avvenire, resteranno.”

La sua mente lo abbandonò definitivamente nel 1890, portandolo al suicidio. Così Vincent van Gogh si portò via tutta la sua arte.
Più che una mostra un viaggio attraverso la vita, la sofferenza di un uomo. Il suo percorso artistico dai primi passi fino all’esplosione, la possibilità di vedere come un artista nasce, vive e si spegne all’ombra della suo genio.

Lorenzo Vigo


(Le immagini presenti nel post sono ricavate dal sito ufficiale della mostra: http://www.lineadombra.it)